La geniale follia di Van Gogh con Alessandro Preziosi
Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati nel quadro. – Vincent Van Gogh
Al Teatro Nuovo di Verona, per la rassegna Il grande Teatro, dal 19 al 24 novembre è andato in scena “Vincent Van Gogh, l’odore assordante del bianco”, regia di Alessandro Maggi, testo di Stefano Massini, vincitore del premio Tondelli nel 2005.
Il pittore olandese, rivoluzionario per l’arte del XX secolo, rivive con Alessandro Preziosi che arriva stremato agli applausi del pubblico, talmente alta e conturbante è l’immedesimazione col personaggio. Per Van Gogh e la sua pittura materica e vivace, cosa può esserci di peggio che essere rinchiusi in una stanza di un ospedale psichiatrico, dove tutto è assolutamente e violentemente bianco? Marta Crisolini Malatesta ha creato una scenografia perfetta, incastrando un piano obliquo tra alte pareti e nel bianco di tutto è visibile il Campo di grano con volo di corvi, ritenuto da molti l’ultimo lavoro dell’artista, all’apice dell’angoscia.
Van Gogh/Preziosi ha 36 anni ed è sotto osservazione psichiatrica. L’incontro con il fratello Theo, un convincente ed eccellente Massimo Nicolini, innesca un dialogo oscillante tra il presente e i ricordi biografici, svelando la complicità e l’amore che legano i due fratelli. Un artista che ha il talento di filtrare ciò che vede solo con i pennelli e i colori, dotato di estrema sensibilità e passione per la natura, soffre indicibilmente e si tortura con pensieri e allucinazioni, che lo confondono su ciò che vede o crede di vedere. Ha un incedere claudicante e affannato ma l’eloquenza è vibrante e rapida, deride e condanna i metodi della struttura che lo imprigiona, ha rabbia che gli permette di gridare e vivere. Alessandro Preziosi è all’ennesima grande prova d’attore teatrale e le difficoltà di una interpretazione così densa e nevrotica, gli permette, se qualcuno avesse ancora dei dubbi, di staccarsi definitivamente dal bello e dannato della televisione. C’è tenerezza nelle parole tra i due fratelli e si apre la finestra sulla loro infanzia, con il “gioco dei pensieri”, quelle meravigliose perle a cui i bambini danno solennità e verità: se indovini cosa penso, ti svelerò un segreto. Van Gogh è ritenuto “socialmente placido” ma è impossibilitato a scappare da tutto quel che bianco che lo fa soffrire e che crea un confine e un vuoto rispetto a ciò che veramente conosce e ama. Roberto Manzi è il dottor Vernon-Lazàre, direttore del manicomio, che assieme agli infermieri Leonardo Sbragia (Gustave) e Antonio Bandiera (Roland), sono antagonisti cinici e aguzzini dell’artista che mai si arrende e anela alla libertà. Una svolta arriva con l’entrata in scena del Dottor Peyron, un teatralissimo Francesco Biscione che concede empatia e ascolto e propone il nuovo strumento di cura dell’ipnosi.
Lo spettatore non ha certezze rispetto a ciò che vede, siamo forse nella mente del pittore e assistiamo alle sue allucinazioni, ma quel che è certo è che si è testimoni della vita di un uomo speciale, incastrato – contro la sua volontà – in un bianco che sa di nulla ma che gli permette di far scorrere, con tutti i sensi, quella che è stata la sua vita fino a quel momento. Le musiche di Giacomo Vezzani e il disegno luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta completano il quadro straniante e tormentato di questo spettacolo che celebra Vincent Van Gogh, un uomo che attraverso la lucida-follia ha creato capolavori di inestimabile valore.
“Vincent Van Gogh, l’odore assordante del bianco”, è prodotto da Khora Teatro e dal Teatro Stabile d’Abruzzo, in collaborazione con il Festival di Spoleto e la supervisione artistica di Alessandro Preziosi.
Silvia Paganini
Foto Francesca Fago