La band padovana Las Flores Molestas e il disco d’esordio “Pissin’ Around” – L’intervista
Dal 18 settembre è disponibile “At the station”, il nuovo singolo della band padovana Las Flores Molestas, che chiude il cerchio iniziato dal precedente singolo “My light is gonna shine”, entrambi parte del disco d’esordio “Pissin’ Around”. Il videoclip di “At the station” è ambientato a Berlino e diretto da Federico Ficarra. Las Flores Molestas nascono a Padova nel 2016 e la formazione comprende Federico Ficarra (cantautore e chitarrista e fondatore), Amedeo Schiavon (batterista, polistrumentista e compositore) e Marco Nordio (tastierista e seconda voce). Abbiamo fatto loro qualche domanda per conoscerli meglio.
“At the station” è il vostro nuovo singolo, un brano per metà acustico che poi si arricchisce di suoni e stili, come avete trovato la vostra sonorità?
Il brano è nato come canzone per chitarra e voce, si può sentire un eco della canzone “The House Of The Rising Sun” nello stile chitarristico ed anche nella linea di contrabbasso arrangiata da Pietro Sconza e dal bassista elettrico co-fondatore della band Alberto Pretto, linea che è stata infine registrata dal contrabbassista Paolo Polonio; la parte di batteria è stata arrangiata da Amedeo Schiavon con l’intenzione di dare una sonorità jazz in particolare con l’uso di specifici piatti. Federico voleva poi che il brano si sviluppasse verticalmente con una sezione di fiati che ha riempito tutto lo spettro di frequenze, oltre al contrabbasso: trombone (Giulio Tullio), bombardino (Glauco Benedetti), sax tenore (Edoardo Brunello), tromba (Sergio Gonzo) e clarinetto (Michele Uliana). A parte la linea di trombone che cita Sostakovic tutte le altre linee sono state improvvisate sul momento da musicisti esperti del genere dixieland, New Orleans, stessa cosa per la parte di clarinetto incisa per ultima per metterla in risalto. La voce di Pinar Tatlikazan è stata inserita verso la fine per dare un appeal femminile al brano mentre i cori di Alberto Pretto sono stati registrati ad inizio opera. Il brano risente profondamente dell’ascolto di “Reckoning Song” di Asaf Avidan, trasformata poi in “One Day Baby” dal dj berlinese Wankelmut, il blues contenuto in quella canzone ha commosso Federico che all’epoca viveva proprio a Berlino.
“At the station” è il secondo singolo dopo “My light is gonna come” ed entrambi fanno parte del vostro primo album “Pissin’ around”, come e in quanto tempo avete composto i brani?
“At the Station” ha preso molto più tempo di “My Light is Gonna Shine”, per realizzarla sono state necessarie 8 sessioni di incisione (contrabbasso, chitarra e voce, voce femminile, cori maschili, trombone, sax bombardino e tromba, clarinetto, batteria). Il primo singolo, nato anch’esso come brano per chitarra e voce, gioca invece su soli altri 2 strumenti: batteria e basso; è un brano molto più semplice che ha richiesto decisamente meno tempo anche se Federico ha voluto aspettare un po’ di tempo prima di registrare le parti di lead guitar. Come abbiamo già scritto in altre interviste uno dei motivi che hanno allungato i tempi di produzione è stato il graduale superamento di un’antica malattia da cui Federico è stato operato e guarito nel gennaio 2016.
Le copertine di album e singoli sono molto colorate, hippie, e si abbinano perfettamente al vostro stile musicale, come le avete ideate?
La copertina del disco e la copertina di “My Light is Gonna Shine” sono state immaginate da Federico e poi disegnate rispettivamente da Anna Siviero e Cinzia Ruggeri, quest’ultima è stata aiutata dalla nostra grafica e web designer di riferimento Giulia Murgia. Giulia ha ideato e realizzato la copertina di “At the Station” (partendo da parole ed atmosfere suggeritele da Federico), ha ideato e realizzato il logo della band e adesso sta finendo di disegnare il nostro sito www.lasfloresmolestas.com che sarà operativo a breve.
In “Pissin’ around” ci sono molti ospiti: Giulio Tullio e Glauco Benedetti (“Minha Querida”, “At the station”), Edoardo Brunello, Sergio Gonzo, Michele Uliana, Pinar Tatlikazan e Francesco Cecco Bruni (“At the station”), Paolo Polonio e Roland Setterwhite (“Kiss in the wind”), Pinar Talikazan, Diego Architetto, Giovanni Perin & Seraphim Breno Gradel (“Hakuna Matata”), come è avvenuto l’incontro tra di voi e la collaborazione?
Mancano all’appello Tommaso Piron ed anche Milo Lombardi che a causa di un bug informatico non è stato associato alla canzone “Minha Querida” di cui ha eseguito il solo di sax tenore. Milo è stato il primo musicista “berlinese” che Federico ha conosciuto e col quale ha collaborato in un duo jazz/bossa nova per anni. Seraphim Breno Gradel, Roland Satterwhite e Pinar Tatlikazan, anch’essi “berliners”, sono stati conosciuti dall’autore delle canzoni durante jam session di vario genere (rock, jazz, free) che si svolgevano a Berlino. Quando Federico è tornato in Italia ha organizzato, sulla scia dei festival musicali organizzati al Kit Kat Klub e altri Club della capitale tedesca, una parata musicale carnevalesca in un importante club di Padova, il Mame, in quell’occasione ha conosciuto Giulio Tullio, Tommaso Piron e sopratutto Amedeo Schiavon. Giovanni Perin è un musicista jazz padovano che Federico ha conosciuto meglio allorché vivevano entrambi a Berlino, anche Diego Architetto, Francesco Cecco Bruni e Paolo Polonio sono artisti conosciuti nel contesto della scena musicale padovana.
Quali sono i vostri riferimenti musicali?
Eccovi un elenco di artisti a cui ci ispiriamo: Charlie Patton, Robert Johnson, John Lee Hooker, King Crimson, Henry Mancini, Calibro 35, Chuck Berry, Albert King, Jimi Hendrix, Willie Dixon, Louis Armstrong, Charles Mingus, Miles Davis, musica messicana, Perez Prado, Antonio Carlos Jobim, Joao Gilberto, Caetano Veloso, Little Richard, Fabrizio De Andrè, Rino Gaetano, Domenico Modugno, RHCP, Iggy Pop, Velvet Underground, The Doors, Led Zeppelin, Beatles, Booker T. & The M.G.s, Blues Brothers, Radiohead, Caparezza, Wes Montgomery, Joe Pass, Everly Brothers, Simon & Gardfunkel, T-Bone Walker, Freddy King, Nirvana, U2, Stravinsky, Sostakovic, Ravel, Bennato, Battiato, Satie, Debussy, Beethoven, Steve Reich, St Germain, Lou Bega, The Prodigy, Fatboy Slim, Linkin Park, Limp Bizkit, Brian Eno, Manu Chao, Talkin’ Heads, The Clash, Sex Pistols, No Doubt, Chico De Buarque, Oliver Onions, Nick Cave, Queen, Rolling Stones, Muddy Waters, BB King, Herbie Hancock, Charlie Parker, James Brown, Nick Drake, Jeff Buckley, The Police, Bob Dylan, Bob Marley, Deep Purple, Black Sabbath, 13th Floors Elevator, The Great Society, The Grateful Death, Pink Floyd, Jefferson Airplane, Fats Waller…
Il vostro sound è molto particolare e molto internazionale, avete intenzione di promuovervi anche all’estero, non appena sarà possibile?
Sì, decisamente, come si può capire dai nostri riferimenti musicali, perfino da quelli italiani, siamo figli di quella rivoluzione artistica musicale culturale e sociale che ha prodotto il rock, il blues, il jazz, una commistione, un incrocio di culture diverse anni luce tra loro: quella europea, quella africana e quella dei nativi americani che pure è stata fondamentale anche se non da un punto di vista prettamente musicale. Come si deduce anche dal titolo della nostra band amiamo l’idea di viaggiare in Messico, in California ma anche in Sud America, in Brasile ad esempio; per il momento abbiamo la comune intenzione di trasferirci in una capitale europa entro il 2022 e quella sarà la nostra base di partenza, probabilmente sarà nuovamente Berlino o forse Barcellona.
Avete in programma qualche concerto, anche se questo è un momento molto delicato?
Avevamo in programma una decina di concerti ad ottobre, sul serio, ne sono saltati la metà e al momento stiamo cercando altre occupazioni fino alla ripresa delle attività musicali, si spera nella primavera 2021. Pensate che non siamo nemmeno riusciti a presentare “Pissin’ around” a Padova, Berlino o in altre città, lo faremo non appena sarà possibile celebrando anche l’uscita di un nuovo album a cui stiamo lavorando. Quest’album si chiamerà per l’appunto “Primavera”.
Da dove viene il vostro nome “Las Flores Molestas” e in quale fiore vi riconoscete?
Il nome è stato inventato da Federico che ama moltissimo il glicine, e ovviamente altri fiori che hanno proprietà creative, “maieutiche” per non dire psichedeliche; ci viene in mente la ginestra di Leopardi che descrive così bene il periodo storico che stiamo vivendo. L’associazione alla parola molesti nasce dalla storia d’amore che ha visto Federico eseguire delle serenate, tradizione tipica napoletana, sotto la finestra della sua ex tedesca che non ha purtroppo apprezzato il gesto. Più in generale essere fiori molesti significa andare oltre le righe, parlare di temi inopportuni o considerati tabù come il nudismo, il poliamore, le sostanze, significa scendere dal palco e giocare col pubblico cercando di coinvolgerlo nello spettacolo col rischio di risultare invadenti ma con l’obiettivo di buttare giù il sipario e trasformare l’evento in un happening dove le persone partecipano all’evento ballando, cantando, suonando, battendo le mani… Infine essere fiori molesti significa essere pacifisti, credere in un cambiamento non violento della società ma allo stesso tempo essere a favore della legittima difesa, della resistenza di una singola persona o di un popolo.
Roberta Usardi
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