“Io, Agrò e il generale” di Domenico Cacopardo
“Come sempre da noi in Sicilia,
è dalle persone più vicine
che ti devi guardare.
Se la criminalità
decide di farti fuori,
incarica la persona che ti è più accanto,
amico o parente che sia”.
L’ambientazione
La Sicilia – terra brulla ma allo stesso tempo lussureggiante, carica di misteri occulti e di location mozzafiato. Luogo di nascita per eccellenza della mafia, quella vera, fatta di crudeltà ma di onore, di durezza ma di coerenza. Ha dato i natali a uomini importanti, in quella Storia fatta di Bene e Male. Ed è qui che si svolge gran parte del nuovo romanzo di Domenico Cacopardo, “Io, Agrò e il generale” (Marsilio, Collana Farfalle, 2021, pp. 473, euro 19), è un giallo che a volte – proprio come un dipinto – tinge le sue sfumature più tenui di carminio, sfiorando così un genere diverso, il thriller, narrando vicende di donne bottane e di uomini scassaminchia (tutti d’un pezzo, scomodi secondo la tradizione mafiosa), di esaltazione militare e di diabolicità tipica dei traditori, di erotismo e professionalità allo stato puro (si pensi ad Agrò e alla moglie, unica donna a cui l’autore non riserva l’appellativo di bottanazza). È una rivisitazione in chiave moderna di Uno, nessuno e centomila, e per la molteplicità dei profili umani analizzati da Cacopardo, grazie alla sua sconfinata conoscenza dell’uomo in ogni sua sfaccettatura, e per le personificazioni dell’io narrante. Il lettore è spettatore, non coinvolto sulla scena, perché le numerose argomentazioni affrontate non gli lasciano spazio. Non può interagire in quanto non ne ha tempo e spazio, tutto è troppo perfetto e mutevole.
La storia e i personaggi
Dominique è la figlia del generale dei parà Lotale, ormai in pensione, che ha partecipato durante la sua carriera militare a difficili e pericolose missioni. È generale nel DNA, infatti ogni sua più piccola molecola è costituita dall’amore sconfinato per la patria, a volte in modo morboso ed esaltato. Dominique è l’amante del suo professore malato e, quando il suo maturo compagno muore in circostanze sospette, lei scompare. Alfreda è la moglie del generale, donna fredda e litigiosa, infelice a causa dello scontento causatole dal non amore verso ciò che si possiede, in continuo protendersi verso ciò che non si può avere, bottanazza anch’essa.
Giuditta è l’amante per eccellenza del focoso e prestante generale, che per non smentire la sua fama si serve spesso di Viagra. Agrò e la moglie Marta sono gli unici personaggi immuni dal vizio terreno, a causa forse della loro professionalità e del profondo senso di giustizia che come una nube li avvolge. La scomparsa della figlia andrà a svelare retroscena inverosimili, in cui emergono sette con a capo geni del male stranieri, sezionamento di cadaveri, scomparsa di teste con note quasi cruente.
Storie avvincenti e suspense
Droga, of course, ma non in Sicilia, dove invece è il mare che origina trip meravigliosi. Servizi segreti, armi, pedinamenti, spionaggio e scomparse di personaggi scomodi, missioni punitive e collisione con la mafia. Non manca nulla per fare di questo romanzo un capolavoro di suspense. Il linguaggio è militare, con punte dialettali al posto giusto, atte a meglio descrivere determinati eventi in una lingua che non lascia nulla al caso. L’onore isolano aleggia tra le pagine, con un pizzico di sano maschilismo.
“Nessuno vuole ammettere che l’uomo è cacciatore e che la preda vuole essere cacciata e lo vuole così tanto da ricorrere a smaccate ed evidenti seduzioni. Il conformismo è tale, tuttavia, che nessuno ha il coraggio di ammettere che, in definitiva, da Adamo ed Eva, la colpa è sempre sua, di lei e della sua vocazione infernale, in cui si mescolano disponibilità alle gioie della carne e al dolore (altrui)”.
Marisa Padula