Il Tintoretto di David Bowie torna a Venezia
Fino al 1° marzo 2020, Venezia ospiterà una mostra molto interessante. Siamo a Palazzo Ducale, sede museale presa ogni giorno d’assalto dai turisti d’ogni continente. Se si ha la tenacia di resistere alle code interminabili che si sviluppano sotto i porticati di Piazza San Marco, quel che è stato portato nell’appartamento dei dogi merita davvero di essere visto. Da Tiziano a Rubens – Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe, questo il titolo poco accattivante della rassegna che ha tutta l’aria di funzionare secondo la logica delle grandi didascalie di arte arcinota figlie delle collaborazioni tra musei pubblici europei. E invece. E invece c’è di più.
Inaugurata il 5 settembre, la mostra è curata da Ben van Beneden, il direttore del Rubenshuis di Anversa, con la collaborazione di Gabriella Belli, la direttrice della Fondazione musei Civici di Venezia. Le opere arrivano essenzialmente dal Museo Reale delle Belle Arti di Anversa, da quello di Gent, dal Rubenshuis, ma anche da varie istituzioni sparse tra Bruges, Lovanio, Lussemburgo. Molte sono riemerse anche da collezioni private e anonime. Arriva così in laguna […] un nucleo eccezionale di dipinti che testimoniano il racconto di una storia artistica condivisa, che ha segnato almeno due secoli di strette relazioni culturali tra i nostri territori e che ha avuto come sigillo, tra gli altri, la firma di pittori del calibro di Tiziano e Rubens, Tintoretto e Van Dyck. Queste le parole di Gabriella Belli nell’introduzione del catalogo (ed. Snoeck Publishers), dove si specifica inoltre che il racconto è anche storia del collezionismo, pubblico e privato, che nei secoli arricchì con veri e propri capolavori le raccolte fiamminghe […]. Un’esposizione, insomma, che riferisce degli scambi culturali che avvennero dal quindicesimo al diciassettesimo secolo tra la penisola e le Fiandre (e quindi con buona parte di quelle che poi vennero raggruppate sotto l’egida repubblicana delle Sette Provincie Unite). E anche se i dotti si daranno un gran da fare per dirvi che tutti avevano da guadagnarci, ad alcuni potrà sembrare che sia andata molto meglio ai signori del nord, in termini di guadagno e appropriazioni. E non sarebbe una visione poi così sbagliata. Oltre ai grandi maestri sopracitati, si trovano esposti, per esempio, Willem Key, Maerten De Vos, Lodovico Guicciardini, Daniël Seghers, Massimo Stanzione. Presenti anche due quote rosa davvero sorprendenti: Michaelina Wautier e Clara Peeters.
Ma la ragione per la quale la mostra deve essere visitata va oltre la bellezza contingente delle opere. Tra tutte, infatti, c’è una tela di Tintoretto che raffigura un arcangelo in rosa Schiapparelli che annuncia a Caterina d’Alessandria il martirio che la renderà santa per la chiesa cattolica. La datazione è incerta: la realizzazione deve essere avvenuta tra il 1560 e il 1570. L’opera si trova di solito in collezione privata, ma attualmente è in comodato d’uso al Museo Reale delle Belle Arti di Anversa. Nel catalogo Riccardo Lattuada osserva quanto segue: commissionato dalla Scuola di Santa Caterina per l’altare della Chiesa di San Geminiano in Piazza San Marco a Venezia, il quadro fu trasferito nelle Gallerie dell’Accademia in seguito alla distruzione della chiesa nel 1807. Venduto nel 1813 al mercante d’arte Angelo Barbini, dopo aver fatto qualche apparizione sul mercato artistico, approdò infine nel 1983 nella collezione di David Bowie. Succede che però poi Bowie muore, nel gennaio 2016, e quindi già nel 2017 tutta la sua raccolta va all’asta da Sotheby’s. Un riccone compra la tela di Caterina per 191mila sterline e per ora, come già spiegato, la lascia al Rubenshuis (dove, secondo fonti non confermabili, Bowie passava spesso). All’indomani del prestito, le entrate del Rubenshuis aumenta di un terzo. E oggi, dopo secoli, Caterina è tornata a casa, nella stessa piazza per la quale era stata designata. Un aneddoto, insomma, che si muove quasi sul piano del gossip o quantomeno della chiacchiera leggera. Eppure c’è qualcosa, in questa storia, che racconta molto degli esseri umani, di come ragioniamo, di come ci appropriamo delle cose. È difficile spiegare cosa ci insegni esattamente tutto ciò, ma qualcosa c’è, e non serve capirlo o spiegarlo. Basta percepirlo.
Davide Maria Azzarello