Il sonno dell’Anima genera mostri: l’altro Rinascimento di Jheronimus Bosch a Palazzo Reale
Ultima settimana per visitare “Bosch e un altro Rinascimento” la mostra dedicata al pittore olandese e alla scuola che da egli deriva, promossa dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, sede ospitante, e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
Nel titolo la tesi sostenuta dai curatori, Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già Direttore del Museo del Prado, e Claudio Salsi, direttore del Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di Storia dell’Incisione presso l’Università Cattolica di Milano: riconoscere l’espressione di un periodo, il Rinascimento appunto, universalmente legato allo sguardo positivista culturale e artistico italiano, nella sua forma più completa e complessa, indagando quanto accadde ed emerse in altro contesto coevo.
Punto d’unione fra le due visioni, la rifiorente società, economicamente di nuovo in crescita dopo la drammatica frenata imposta dalla peste nera nel ‘300; i nuovi equilibri risultati dalla falcidiante epidemia, sono determinati da poteri forti accentrati, intorno ai quali si genera una classe borghese in espansione, con possibilità e benessere più diffusi. Questo sviluppo però, come ogni cosa, è una medaglia a due facce, di cui il potenziale umano è l’ago della propria stessa bilancia: su un piatto, la capacità di evoluzione ed elevazione come incarnazione della scintilla divina, sull’altro il decadimento più drammatico, per lo smarrito contatto con la spiritualità a fronte dell’attaccamento alla materia e agli agi, in primis identificato dalla cattiva condotta del clero che, non più modello e guida per le anime di fedeli e non, esercita sempre più prepotentemente il potere temporale, tradendo e calpestando principi e dogmi religiosi. Frutti di questa prospettiva allarmante saranno l’Elogio alla Follia di Erasmo da Rotterdam, la Nave dei Folli di Sebastian Brant, la Riforma Luterana, il Calvinismo.
Nulla si conosce invece delle effettive influenze o dei maestri di Jeroen Anthoniszoom van Aken, nato a ‘s-Hertongehbosch intorno al 1450, florida città olandese nella quale visse praticamente tutta la vita, in onore della quale assunse poi il nome Bosch, e dove morì nel 1516. Iniziò nella bottega di famiglia, essendo nipote, figlio e fratello di pittori, forse anche in qualità miniaturista; fu fra i primi artisti a utilizzare i colori a olio, altresì con una tecnica personale. Certo è che, nelle poco più di 20 opere giunte fino a noi, emerge fortemente la sua aderenza al sentimento critico, alla volontà di esprimere monito, in quanto uomo sentitamente credente, con un ruolo di rilievo nella Confraternita della Nostra Diletta Signora, grazie al quale poté con ogni probabilità accedere a studi e conoscenze esclusi a più; il suo è un linguaggio peculiare, bizzarro e preciso, dettagliato fino all’estremo, aulico e popolare al tempo stesso.
La sua figurazione, che a noi appare onirica, grottesca e fantastica, voleva essere probabilmente rappresentazione lucida, se pur carica di simboli e arcani, di quello che l’umanità era diventata nella sua essenza, oltre il velo annebbiato di sensi e delizie: corpi pressoché privi di anima, che si prestano a nefandezze di ogni sorta, dando vita a un circo di mostruosità e a un mondo terreno infernale, oscuro e infuocato.
L’allestimento in Palazzo Reale offre l’occasione di scoprire e apprendere quanto, quello che può apparire per lo più un evento artistico isolato, sia stato capace di proliferare, essere accolto e condiviso, attraverso un percorso fra le corti asburgiche europee, da nord a sud, puntando a ovest, arrivando in seguito fino in Americana latina, e dando vita a quella che si può definire una scuola figurativa e di pensiero, i cui seguaci appartengono trasversalmente al mondo dell’arte, essendo pittori, incisori, scultori, tessitori, cesellatori, con inclinazioni e declinazioni diversificate in base alle singole radici culturali, le cui opere riunite intrecciano una trama di meraviglia e terrore, come in una immensa wunderkammer che ci stupisca e reguardisca.
Chiara Vecchio
Foto di copertina: Jheronimus Bosch – Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio – particolare, 1500 circa. Olio su tavola. Museu Nacional de Arte Antiga de Lisbona