“Gli ultimi americani”, l’ultimo romanzo di Arianna Farinelli
“Soy un alma desnuda en estos versos,
Alma desnuda que angustiada y sola
Va dejando sus pétalos dispersos.”
“Le storie non cominciano mai a New York. Forse qui si incontrano, si mescolano e si confondono, si separano e finiscono, ma non cominciano. Iniziano sempre altrove – un luogo lontano, un tempo passato, un viaggio rimasto per anni senza arrivo e senza ritorno.”
Ed è questo il caso dei tre protagonisti di questa storia, tre vite che si uniscono partendo da lontano: lo scrittore, sua moglie Lola e Alma. I primi due sono un rifugiato politico e la sua donna, un’immigrata clandestina, sudamericani, scappati dalla guerra per rifugiarsi a New York, mentre la terza è un’aspirante scrittrice che lascia la periferia di Roma alla ricerca della sua strada letteraria. Il loro è un incontro fortuito, avvenuto una sera per caso, in una competizione di live storytelling, ma che culminerà in forti legami di amore e amicizia che, intrecciandosi tra loro, unirà le vite, le vicende e i luoghi in cui ognuno di loro ha vissuto. Tutto lì, a New York, la città dove “niente dura, tutto si consuma”.
“Mi chiedevo cosa ci facessi lì, perché avessi deciso di raccontare la mia vita a una platea di sconosciuti, e perché ballassi sotto la pioggia con quella coppia di estranei nella strada dove Leonard Cohen aveva vissuto cinquant’anni prima…”
E poi l’artifizio di narrare la storia ora in prima persona dai tre personaggi, ora a mo’ di intervista, con un botta e risposta immediato. Ci troviamo, in questo modo, davanti a storie che restano sospese, irrisolte o risolte a modo loro.
“Una mattina di metà gennaio mi chiamò al telefono mio fratello per dirmi che lo scrittore era morto. Si era ammazzato sparandosi un colpo di pistola al cuore. La notizia aveva già fatto il giro del mondo. Lo scrittore e io eravamo stati amanti, poi amici, poi di nuovo amanti, poi niente.”
Con “Gli ultimi americani” (Mondadori, pp. 228, euro 18.50) Arianna Farinelli analizza i sentimenti dei vari personaggi davanti alla vite ma soprattutto di fronte alla morte e al pensiero di essa; si focalizza sui tanti i flussi migratori che dal centro e dal sud America si spostano per necessità o fuggono dalle guerre e spesso sono respinti e separati dalle famiglie; così come gli uccelli scappano dall’inverno. E questi tre personaggi rappresentano, appunto, il viaggio degli ultimi americani, “ancora in volo, sospesi, convinti che il loro migrare porti in sé la promessa del ritorno”.
“Gli uccelli sono sfiancati dal viaggio, sono accaldati, hanno sete. Hanno bisogno di fermarsi e di abbeverarsi.”
Marianna Zito