Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre: appassionante come un film
All’inizio è la guerra, la guerra del ’15-18 con il freddo delle trincee, la fame, la nostalgia della casa lontana, una fidanzata da ricordare in una foto ormai consumata, un bianco e nero sciupato dai troppi sguardi dati prima di sparare. All’inizio è la guerra, il pensiero alla mamma lontana mentre con la granata in mano si scivola verso il nemico. La grande carneficina, i campi di battaglia colmi dei cadaveri di ragazzi senza più domani
Albert ed Edouard riescono a sopravvivere. Albert, timido e umile salvato sul campo di battaglia da Edouard, un ragazzo ricco, eccentrico, dalle notevoli doti artistiche; Albert con le sole ferite dell’anima, Edouard con il viso orribilmente sfigurato.
Leggere Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre (Mondadori 2013) non può non riportarci ad altri grandi autori, come Hemingway di “Addio alle armi” o Faulkner de “La paga del soldato” con la problematica mai risolta non solo sull’inutilità delle guerre ma anche del rientro dei reduci, del loro reinserimento, della difficoltà di ricoprire o ritrovare un ruolo nella società civile. Il romanzo di Lemaitre all’inizio altamente drammatico e coinvolgente, abbassa il tono quando i cannoni tacciono e l’umanità cerca faticosamente di riprendersi la vita, mentre i rumori si smorzano e le pagine scivolano verso la satira se non addirittura verso il grottesco. Ed è proprio in questa – che potremmo definire la seconda parte del romanzo – che i personaggi di Albert ed Edouard – dal tratteggio iniziale quasi incerto – prendono forma e carattere. Consapevoli di tutto ciò che si genera intorno al business della guerra non solo per le industrie degli armamenti, ma anche sull’indotto e sulla ricostruzione, organizzano una truffa ingegnosa, vendendo falsi monumenti commemorativi “dell’eroico soldato”, monumenti che non saranno mai realizzati. Ci riescono in maniera talmente ben orchestrata che non si può non provare simpatia per i due compagni di sventura e di avventura, con il rischio però di plaudire ai furbi, trasformando in retorica i concetti di patria, di solidarietà, di lealtà e rispetto.
La scrittura di Lemaitre è bella, lineare e coinvolgente. Riesce a emozionarci sino alle lacrime e a farci sorridere anche se con un po’ di amarezza: quello che alla fine rimane non è certo l’applauso per la truffa riuscita, ma la tristezza ed il dolore per l’orribile inutilità della guerra. Di tutte le guerre.
Francesco de Masi