“Eterna Bellezza” – Canova in mostra a Roma
La mostra dedicata ad Antonio Canova a Roma, nella suggestiva ambientazione di Palazzo Braschi – fino al 15 marzo 2020 – delinea il percorso dell’artista nella città eterna che cominciò nel 1779, all’età di ventidue anni fino alla sua morte. Il percorso si snoda in tredici sezioni contenenti 170 lavori, non solo di Canova, ma anche di alcuni artisti a lui contemporanei, perlopiù gessi preparatori ai marmi, presi in prestito da Musei e collezioni private nazionali e internazionali: dall’Ermitage di San Pietroburgo, i Musei Vaticani, la Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, il Museo Civico di Bassano del Grappa, i Musei Capitolini, il Museo Correr di Venezia, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, le Accademie di Belle Arti di Bologna, di Carrara e di Ravenna, l’Accademia Nazionale di San Luca, il Musée des Augustins di Tolosa, i Musei di Strada Nuova-Palazzo Tursi di Genova, il Museo Civico di Asolo. Ci accoglie, all’ingresso, la più attuale riproduzione (2019) in scala reale di Amore e Psiche giacente creata dalla scansione tridimensionale del gesso preparatorio della famosa opera proveniente da collezione privata, il cui primo gruppo scultoreo in marmo (realizzato tra il 1787 e il 1793) è esposto al Museo del Louvre di Parigi. La riproduzione è stata ideata e realizzata in marmo bianco di Carrara da Magister in collaborazione con Robotor: un passaggio che si rivela sicuramente indispensabile per l’era tecnologica contemporanea, ma probabilmente non necessario e poco apprezzato dagli amanti dell’arte e dell’artista.
Detto questo, cominciamo. Sin dal suo arrivo nell’Urbe, Antonio Canova fu inserito nella cerchia di artisti e intellettuali, di cui arriviamo a conoscenza grazie ai suoi scritti di viaggio. Durante l’esperienza romana, Canova ebbe modo, inoltre, di conoscere e studiare da vicino molte opere già esistenti: dai tesori dei Musei Capitolini a quelli dei Musei Vaticani, dalle raccolte dei Farnese e dei Ludovisi ai marmi inseriti nel contesto urbano dell’epoca; dedicò un’attenzione particolare ai Dioscuri del Quirinale, che ammirò continuamente in tutti i giochi possibili di luci e ombre, “…quando poi il sole diede nelle statue ritornai a casa”. La mostra affronta e racconta anche il rapporto tra lo scultore e la letteratura del suo tempo, vediamo che una piccola sezione è dedicata al rapporto tra Canova e Alfieri: nel 1782 andò in scena la tragedia “Antigone” che porterà molti spunti di riflessione in rapporto alla rivoluzione figurativa canoviana: sta nascendo un nuovo stile tragico e Canova è in prima fila con i Monumenti funerari di Clemente XIV prima e, su richiesta, di Clemente XIII poi, fino al Monumento agli ultimi Stuart; particolare rilievo hanno il marmo del Genio funerario Rezzonico, concesso in prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo, e il modellino del Monumento Stuart preso in prestito dalla Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno. Risalta, a tal proposito, La Mansuetudine in terracotta (1784) sempre della Gypsotheca e ancora di più la meravigliosa figura della Maddalena Penitente (1793 – 1796), accovacciata a terra, con vicino un teschio: piegata su se stessa, tra le mani regge una croce di bronzo e il suo volto è rigato di lacrime. Una figura ambigua tra sacro e profano, per un seno quasi scoperto, la corda a cingere pieghe di stoffa su linee carnose e i capelli sciolti e lunghissimi. Alle sue spalle uno specchio – come la sua prima esposizione in età neoclassica – da dove è possibile ammirare la linea curva della schiena e i piedi su cui è appoggiato tutto il suo dolore.
Proseguendo, subito accanto alla Maddalena, ecco Amore, ma nel percorso ne incontreremo più di uno, tutti ispirati alle statue classiche e alle bellezze adolescenziali, il bello ideale. Nella sala successiva ci imbattiamo nel concetto di Antico-Moderno, uno dei principali paradigmi appartenenti alla poetica neoclassica: possiamo ammirare gessi esposti a coppie, appartenenti al Canova e non solo, vicini per definire il teorema perfetto: la sala è esposta (e qui riproposta) al Palazzo Papafava di Padova. Nel 1789, da antigiacobino, Canova abbandonò la Roma repubblicana per dirigersi verso la sua città natia di Possagno e qui troviamo esposte le opere – tra dipinti, sculture, disegni e incisioni – che caratterizzarono quella parentesi, che vide la fine provvisoria del potere temporale del papato con l’esilio di Pio VI Braschi: Canova fu incaricato di scolpirne la statua, di cui in mostra possiamo ammirare il modellino preparatorio costruito per il monumento definitivo, sito nelle Grotte Vaticane.
Nella parte centrale del percorso espositivo, attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche è rievocata la tipica atmosfera a lume di torcia con cui Antonio Canova, negli ultimi anni del Settecento, amava mostrare nelle ore notturne le proprie opere, all’interno del suo atelier; infatti, dopo aver lavorato per i primi anni a Palazzo Venezia, nel 1784 l’artista collocò i suoi lavori nel vicolo delle Colonnette di San Giacomo degli Incurabili, che ben presto divenne tappa obbligatoria per tutti i visitatori della città. La sua dedizione all’arte dell’Urbe fu sempre molto forte e si intensificò quando, nel 1802, fu nominato “Ispettore delle Belle Arti”. Nel 1807 cominciò a riordinare e incrementare i busti di personalità illustri, siti all’interno del Pantheon, che nel 1820 Papa Pio VII decise di trasferire in Campidoglio, tra questi il busto del Papa stesso, qui in esposizione. Nel passaggio tra una sala e l’altra troviamo il bronzo di Ercole e Lica, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo; mentre tra gli encomiabili dipinti su tela di Canova ammiriamo la Figura femminile assisa piangente del 1805, uno dei più affascinanti e luminosi monocromi di Canova, preparatorio per la Stele de Sousa e ancora la matita e biacca su carta Figura femminile panneggiata stante in atto di piangere, con la mano sinistra al volto. Infine, nell’ultima sala, uno dei marmi più straordinari di Canova: la Danzatrice con le mani sui fianchi (1810), proveniente da San Pietroburgo, posta su base girevole circondata da specchi, quasi viva e leggera nella sua danza.
All’interno del percorso ci imbattiamo in trenta fotografie di Mimmo Jodice che ritraggono i marmi di Antonio Canova. La mostra è promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, prodotta dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, e organizzata con Zètema Progetto Cultura - è curata da Giuseppe Pavanello e realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Luca e con Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno.
Info al link: http://www.museodiroma.it/it/mostra-evento/canova-eterna-bellezza
Marianna Zito