“La dolcezza dell’addio” di Richard Holloway
“Non possiamo scegliere la mano di carte che ci viene data. Possiamo solo giocarci quelle che abbiamo. E con l’ultima che ci rimane possiamo vincere la partita.”
È capitato a ciascuno di noi, almeno una volta, di riflettere sulla morte: su quella di un proprio caro, di un altro essere umano, magari sconosciuto, magari per una notizia di cronaca sul giornale. Sarà capitato a ognuno di noi, di pensare alla morte, anche alla propria. Ma per quanto? Forse solo un attimo. Poi neghiamo, rifiutiamo l’idea della morte. Un argomento scomodo, quasi un tabù, curiosamente la morte non è tra le principali cause di ansia che affligge gli individui del nostro tempo, così scettico e “scientifico”. Nonostante sia invece l’unica cosa certa a cui tutti siamo destinati, a prescindere dal cibo biologico che portiamo in tavola o dal sudore che versiamo in palestra.
Alla soglia dei novant’anni Richard Holloway, ex vescovo di Edimburgo, si trova a tirare le somme sul suo rapporto con la morte stessa e ci offre, in poco più di cento pagine, un importante spunto di riflessione su come giocare l’ultima carta della nostra partita. Ben lungi dall’essere un manuale di auto-sostegno, “La dolcezza dell’addio – Meditazioni felici sulla vita e la morte” (Einaudi, Collana Stile Libero Extra, 2019, pp. 168, euro 16,50) è piuttosto un invito all’auto-esame, al chiedersi per tempo quale sia il nostro posto nel più grande ordine delle cose, trovando così una forza interiore che non accompagnerà solo il momento della morte, ma ogni momento della vita. Con eleganza e sobrietà, il testo offre domande più che dare risposte, e occasionali consigli. La struttura a flusso libero rende la prosa di Holloway accattivante, malinconica solo a tratti, e arricchita da molti riferimenti letterari e culturali. Senza lasciare spazio al pianto, che spesso impedisce il pensiero. Perché quello che questo libro non fa è invitare alla tristezza. Pur senza minimizzare le difficoltà della vecchiaia, che per citare Bette Davis, “non è un posto per femminucce”.
Quello che brilla in questo libro è la saggezza, l’empatia, e soprattutto una sana dose di verità.
Valeria D’Intinosante