VITTORIO SGARBI AL TEATRO OLIMPICO CON “LEONARDO”
L’arte di trasmettere arte è qualità di Vittorio Sgarbi che, in queste sere al Teatro Olimpico di Roma, ci racconta il genio di Leonardo da Vinci, accompagnato dalle note del violino, della viola e non solo di Valentino Corvino, e sullo sfondo della scenografia video di Tommaso Arosio.
Leonardo ci ha lasciato un risultato disinteressato se parliamo di tecnica e capacità, ma si è rivelato quel grandissimo “genio dell’imperfezione”, padrone di una mente aperta, ampia e curiosa. Questo perché è incompiuto in molti settori che ha toccato: pur dimostrando la sua superiorità assoluta, non ha mai raggiunto un risultato effettivo; il suo talento e le sue percezioni sono talmente elevate da rendere praticamente inutile il completamento: che l’uomo dovesse volare è stata una sua intuizione, ci ricorda Sgarbi, ma ha fallito nel realizzarla, anzi altri lo hanno fatto al suo posto.
E da qui, anche attraverso letture del Vasari, comincia l’excursus delle opere più significative: siamo nel 1472/73 quando appaiono le prime opere fiorentine da cui scaturisce una forte interpretazione degli stati d’animo umani; pensiamo alla “Madonna del Garofano” conservata nell’Alte Pinakothek di Monaco. Nel 1482 termina il primo periodo fiorentino di Leonardo, abbiamo l’ “Adorazione dei Magi” a esprimere la vaghezza del non finito: è un’opera compiuta nella sua incompiutezza, dove tutto è solo accennato. In seguito, l’artista è chiamato a Milano da Francesco I, siamo tra il 1485-86 e qui nasce “La Vergine delle Rocce”. Tra il 1488 e il 1490 nasce la “Dama con Ermellino”, un ritratto che non guarda in camera, è una donna scostante quella ritratta, ci esclude perché è girata verso l’uomo che ama, Ludovico il Moro. È questo, secondo Vittorio Sgarbi, Il più bel quadro d’amore che esista: “Lei è piena di lui e lui pieno di lei”. Arriviamo verso il 1490, all’ “Uomo Vitruviano”: l’uomo come misura di tutte le cose, come potenza assoluta e universale e poi, verso il 1495, l’ “Ultima cena”. Nel 1499 finisce il soggiorno milanese e Leonardo arriva a Venezia per poi ritornare a Firenze in pieno ‘500. Ultima opera di questo viaggio è la tavola della Gioconda, il bene universale. Ci guarda compiaciuta questa donna che, a differenza della dama con l’ermellino, è di tutti e ci appartiene.
Leonardo è un creatore, continua il lavoro di Dio nel produrre bellezza: l’arte è un prolungamento dell’azione divina e questo è visibilissimo nelle opere di questo meraviglioso genio rinascimentale dell’incompiutezza che Vittorio Sgarbi ci racconta per più di due ore con passione, curiosità e bellezza.
Marianna Zito