Vibrante di passione e sincerità: la Traviata secondo Lella Costa
Cosa dire, oggi, al termine di “Traviata. L’intelligenza del cuore”? In che modo orientare lo sguardo su uno spettacolo che, dopo il debutto di dieci anni fa, torna in scena dopo essere diventato, insieme alla sua interprete, uno dei simboli della grande stagione di teatro di narrazione? Queste le prime domande ad accompagnarmi, dopo aver vissuto lo spettacolo al Teatro Sociale di Brescia, in questo inizio di aprile.
Immagino che forse altrettante e simili domande si sarà posta, nel momento della scrittura, Lella Costa, insieme al regista Gabriele Vacis: cosa dire ancora sulla Traviata, cosa aggiungere al capolavoro di Verdi e a quello di Dumas figlio, da cui l’opera trae diretta ispirazione? La sensazione è che le risposte siano state trovate nel modo migliore. Lo spettacolo, di nuovo in tournée dal 2018, conserva il suo fascino e la sua freschezza, mentre il nuovo allestimento, se possibile, ne esalta la poesia. Difatti, eliminando gli inserti dei video, non è più sola in scena la Costa, perché ad avvolgerla c’è la musica dal vivo, eseguita al pianoforte dal maestro Davide Carmarino, e a fare da contrappunto alla sua narrazione, le arie interpretate dal soprano Francesca Martini e dal tenore Giuseppe Di Giacinto, entrambi giovani e magnetici sul palcoscenico. Lei, Lella Costa, affabula e incanta (e non si sa se siano i costumi firmati Antonio Marras a valorizzare la sua bellezza, oppure il contrario), cattura lo spettatore nella rete del racconto, narra – in una sorta di atipica guida al romanzo e all’opera – di Violetta, ovvero Margherita Gautier (proprio lei, la mantenuta, la Signora delle camelie), e di Alfredo, del loro amore che sembra vincere ogni ostacolo, della fine del legame, contro ogni ragione, e della malattia di lei, fino alla fine. Ci riesce con linguaggio immediato e fuori dal tempo, oscillando sapientemente e ormai con una naturalezza disarmante tra tocchi di ironia irresistibile e bolle emotive di riflessione profonda. Amore e morte, croce e delizia… La storia della Traviata diventa la storia di tante, troppe donne, fragili e forti insieme, troppo spesso vittime, corpi associati a un prezzo, e poche volte pagate con il dono più grande, la devozione, la cura. Poche volte con la fortuna di scoprire “l’amore vero che sorriso ha”. (1) Il monologo si fa contemporaneo, e toccante proprio in quanto non forzatamente attualizzato. E se la musica di Verdi viene contaminata con Franco Battiato, Tom Waits, Marianne Faithfull, il filo dei pensieri da Dumas conduce ai testi di Fabrizio De Andrè, di Mia Martini, e alla storia di Maria Callas, al volto di Marilyn Monroe.
“Banchieri, pizzicagnoli, notai / coi ventri obesi e le mani sudate / coi cuori a forma di salvadanai / noi che invochiam pietà fummo traviate. / Navigammo su fragili vascelli / per affrontar del mondo la burrasca / ed avevamo gli occhi troppo belli: / che la pietà non vi rimanga in tasca”. (2)
È un atto di denuncia e di amore questa Traviata vibrante di passione e sincerità, che trova la sua giusta nota di chiusura in una dedica a tutte le donne. Teneramente.
“Miss Collier trovava che Marilyn fosse: “una bellissima bambina”. Forse è così che dovrebbero essere ricordate. Forse è così che dovrebbero essere guardate tutte, assolutamente tutte. Tutte le Margherite e le Violette, ma anche tutte le Marilyn e le Marie, con le ossa spolpate dall’anima e dal talento. Tutte, una per una. Ogni Marlene e Romy e Greta e Marianne, ogni Virginia e Sylvia, ma anche ogni Svetlana e Iris e Fatima e Samantha. Ogni incauta aspirante velina, ogni professoressa inacidita e madre rompicoglioni e sorella depressa e figlia inquieta e fidanzata in crisi e amica fragile e collega stronza. Perché ogni donna è, o almeno per un istante è stata, precisamente questo: una bellissima bambina.”
Mariangela Berardi
1) Da “Minuetto”, di Franco Califano/Mia Martini.
2) Fabrizio De Andrè, Recitativo (due invocazioni e un atto d’accusa), dall’album Tutti morimmo a stento (1968).