“SHAKESPEA RE DI NAPOLI” AL PICCOLO ELISEO
Il buon teatro non necessita di sfarzo e opulenza. Non necessariamente. Si può fare del teatro di eccelsa qualità con pochi e mirati elementi che in aggiunta gli uni agli altri diano vita a spettacoli difficilmente dimenticabili, di profondo respiro emotivo oltre che narrativo.
È il caso di “SHAKESPEA RE DI NAPOLI”, in scena in questi giorni al Piccolo Eliseo di Roma. Il testo, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio e magistralmente interpretato da due attori di enorme levatura quali sono Claudio Di Palma e Ciro Damiano, è un’esperienza di puro coinvolgimento per lo spettatore, che assiste a una messa in scena delicata nonostante la sempre vibrante temperatura drammatica del lavoro proposto.
Immersi in una luce caravaggiesca che distende i nervi e predispone all’ascolto chi guarda oltre che delineare il carattere eterno dell’azione stessa, Zorotastro e Desiderio, i due personaggi della pièce, attraversano tutta la loro esperienza con fermezza e grazia, senza mai una sbavatura in quanto fin troppo avvezzi alle asperità di una vita, che non regala loro niente e che prevede solo un’eterna lotta per la sopravvivenza, da affrontare affilando le armi dell’arguzia e dell’intelletto. Recitato in un napoletano viscerale, senza orpelli, figlio di una terra che bada più alla sostanza che alla forma delle cose, tutto il lavoro raggiunge picchi di irraggiungibile qualità attraverso quel musicale rapporto che i due personaggi vivono, senza mai steccare una nota del variegato spartito della loro relazione. Affetto, contrasto, gioco, dissidenza, bisogno, diversità.
Il Bardo, credo, non avrebbe avuto nulla da ridire sull’utilizzo del suo prestigioso e ingombrante cognome che richiama sempre una facile attenzione anche dei più distratti ma che presuppone una grande responsabilità non sempre correttamente esperita. E non è certo questo il caso.
Giuseppe Menzo
Foto di Tommaso Le Pera