Molière al Teatro Franco Parenti Milano: “Il Misantropo”, a distanza di secoli, è sempre attuale

Molière vive ancora oggi, nelle sue opere, nelle sue parole, nella sua epoca, anche se visse nel lontano 1600. Ciò non toglie che, pur a distanza di secoli, rimanga un autore che è riuscito, attraverso le sue opere, a descrivere gioie e dolori ancora presenti oggi. E tra questi si annovera la misantropia, quel “sentimento di avversione nei confronti dei propri simili, per lo più provocato da incapacità di prendere parte alla vita attiva, e accompagnato da uno scontroso desiderio di solitudine”.
Nel 1666 andò in scena per la prima volta a Parigi “Il Misantropo”, commedia in cinque atti, con riferimenti autobiografici. Alceste, il protagonista, rappresenta l’incarnazione di quel disagio sociale che dà il titolo all’opera: è un uomo che ha difficoltà ad interagire con i propri simili, preferisce mantenere le dovute distanze e, soprattutto, non ama le maschere, anzi, risulta fin troppo schietto nell’esprimere quello che pensa davvero, senza pensare alle conseguenze. Per lui la vita in solitudine è molto meglio di una vita attorniata da persone che ostentano finta cordialità.
Un tema che continua a imperversare in ogni epoca, compresa quella attuale, pertanto le parole dell’autore francese sono vive e taglienti più che mai anche oggi, nel 2023. A portare in scena “Il Misantropo” in una nuova veste è il Teatro Franco Parenti, dall’8 novembre al 3 dicembre, grazie al progetto e alla collaborazione di Andrée Ruth Shammah e Luca Micheletti. Entrambi hanno anche preso parte alla nuova traduzione in versi settenari incrociati elaborata da Valerio Magrelli, con un risultato di prim’ordine, che suona godibile, fluido e musicale.
Luca Micheletti, attore, regista e cantante lirico, veste i panni del protagonista, Alceste , in modo eccelso, catturando l’attenzione sin dal primo istante. La sua interpretazione fa arrivare subito al pubblico il disagio che anima il personaggio e di quanto soffra nel doversi contenere o nel dover fingere cortesia laddove non ce n’è motivo. Alceste appare sin dai primi istanti corrucciato, pensieroso, confuso, nel dialogo con l’amico Philinte, interpretato da un notevole Angelo Di Genio, che cerca invece di placarlo e di fargli capire le “regole” della socialità, ma senza successo. Il confronto con Oronte, suo rivale in amore (un esilarante Corrado d’Elia), è l’esempio lampante del suo disamore verso i rapporti umani, che viene spinto all’estremo, sfociando così in una naturale comicità, che manda in visibilio il pubblico. Purtroppo la misantropia di Alceste intacca anche il rapporto con l’amata Célimène, interpretata egregiamente da Marina Occhionero, sempre circondata da numerosi pretendenti nonostante il suo cuore sia già stato conquistato da Alceste. Ma ciò non basta, perché anche gli altri uomini a livello sociale possono tornare utili, quindi è bene mantenere buoni rapporti, costi quello che costi.
Un cast notevole e in perfetta sinergia che, oltre ai già citati Micheletti, Di Genio, d’Elia, Occhionero, annovera Maria Luisa Zaltron (Eliana), Filippo Lai (Clitandro), Vito Vicino (Lacasta), Emilia Scarpati Fanetti (Orsina), Andrea Soffiantini (Basco), Pietro De Pascalis (Du Bois), Matteo Delespaul (secondo servitore), Francesco Maisetti (guardia).
La regia di Andrée Ruth Shammah risulta vincente, riuscendo a mettere in risalto le capacità di ogni attore in scena. Lode ai costumi di Giovanna Buzzi, che identificano i personaggi con colori ben definiti, decisi e allo stesso tempo delicati.
Questo Molière ci voleva, perché troppo spesso, nella vita quotidiana, si ricade negli stessi schemi e, pur sapendolo, è bene farselo ricordare dal teatro, che attraverso una commedia leggera diventa un promemoria da non dimenticare.
Molière, e con lui anche tutto il cast di questo spettacolo, ci ricorda quanto l’uomo sia imperfetto, e come non potrebbe essere altrimenti.
Roberta Usardi
Fotografia di Filippo Manzini