Luminescenza: la materia non materia catturata dagli italiani a Parigi
Termina questa domenica 7 aprile la mostra “Boldini, De Nittis, et les Italiens de Paris”, allestita al Castello Visconteo Sforzesco della città di Novara, e che grande riscontro di pubblico ha visto lungo i mesi di permanenza -inaugurata il 3.11.2023 e aperta al pubblico il giorno seguente.
Curata dalla storica dell’arte Elisabetta Chiodini e organizzata da METS Percorsi d’Arte, in continuità tematica con gli allestimenti che l’hanno preceduta, l’esposizione costituisce un ulteriore scorcio del periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900.
I visitatori compiono un viaggio immersivo nella dimensione della Ville Lumière, restituita con una vividezza quasi sensoriale dalla maestria dei protagonisti della mostra, Giovanni Boldini, Giuseppe de Nittis in primis, e ancora Vittorio Matteo Corcos, Antonio Mancini, Federico Zandomeneghi fra i maggiori, richiamati dal grande fermento d’arte vissuto in città, fra Salon, Accademia, Esposizione Universale, Gallerie, critica e mercanti, in cui si dipanano le loro strade e scelte tecniche e figurative diversificate, di precorrimento e innovazione o di adesione a concetti e stili già affermati.
Boldini e De Nittis identificano i poli di quel momento spazio-temporale, fra similitudini, diversità, dissonanze e contrasti, personali e lavorativi.
L’iniziativa è co-organizzata inoltre con Comune di Novara e Fondazione Castello di Novara, con il patrocinio e il contributo di Regione Piemonte, il patrocinio di Commissione Europea e Provincia di Novara, ed è realizzata grazie al sostegno di Banco BPM (Main sponsor), Esseco S.r.l., Fondazione CRT, De Agostini Editore S.p.A., Comoli Ferrari & C. S.p.A., Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte, Artekasa S.r.l., Mirato S.p.A. Si avvale inoltre della collaborazione di Ad Artem, Ente Turismo Terre dell’Alto Piemonte, Big/Ciaccio Arte, EnjoyMuseum S.r.l., e del supporto di Enrico Gallerie d’Arte e Gallerie Maspes Milano.
90 opere, tutte degne di attenzione, distribuite in 8 sale, sono il mirabile narratore di un mondo ovattato, la cui storia fluisce fra ritratti, ambienti e abitudini di una borghesia medio-alta, all’apice della propria parabola che, come sempre accade, avrà di lì a breve la sua curva discendente, anche molto dura; e dove gli occhi ammaliati e consapevoli de les Italiens citati ne esaltano l’entusiasmo e lo splendore, nutrendone la fame di magnificenza e meraviglia.
Uno spaccato a largo spettro della Belle Époque nella capitale francese, punto nevralgico della scena artistica, tra privato e mondano, dove l’esaltazione del dettaglio, restituisce l’aria frizzante, elettrica che la caratterizzava. Le luci appunto, a tratti abbaglianti -e a tratti illusorie- di un’urbanità decisamente in fermento, e di un sogno fattosi realtà.
Così possiamo sbirciare fra le cortine del tempo e dei salotti questa umanità agiata, che inizia a far suoi ritmi che diventeranno sempre più serrati, fra distanze geografiche che si accorciano, possibilità, passatempi e vizi in maggior diffusione: en plain air assistiamo a giochi e passeggiate di piacere, a piedi o a cavallo, fra neonati boulevards, giardini e una campagna addomesticata.
Vediamo istitutrici in dialogo fra loro, il cui proverbiale rigore pare sciogliersi all’aria dei parchi, dove accompagnano i rispettivi ragazzi per un momento di svago dall’impegno di studio; partecipiamo agli incontri nei Café, ai dibattiti vivaci nei ritrovi di artisti, siamo testimoni di qualche iniziale flirt.
Negli interni delle abitazioni troviamo i momenti privati di lettura, di musica, con la compagnia sempre più presente di animali domestici, fino a intrufolarci nell’intimità e nei vezzi della Salle de Bains. E nella vanità, tutte le stravaganze a sottolineare uno status sociale che deve essere colto a colpo d’occhio, di cui la moda e l’abbigliamento, nel prolificare degli ateliers, sono strumento imprescindibile: la tattilità di materiali, metalli, gioielli, bottoni, ventagli e tessuti, che sembrano frusciare sotto i nostri occhi, è superba.
Anche quando la pennellata si fa rapida e nervosa, anticipatrice del prossimo Futurismo, o il colore si fa oltraggioso, sopra le righe, quasi Espressionista, o viceversa delicato e impalpabile, la vibrazione materica è perfettamente presente. Gli spessori del colore a olio donano reale scintillio ai soggetti, in modo decisamente superiore a qualsiasi filtro disponibile nei social più utilizzati ai giorni nostri.
Il culto della personalità, delle celebrità di spettacolo prende gran piede. Il mondo del teatro è anch’esso all’acme; indispensabile presenziare a spettacoli e rappresentazioni; privilegio entrare in contatto confidenziale con le star del palcoscenico. Così come coltivare l’interesse per l’arte; una propria collezione era un altro tassello rappresentativo del proprio gradino sociale. Le opere dovevano essere in linea col sentimento e il pensiero dominanti, l’esaltazione di benessere e progresso (da qui la poca fortuna che un talento come Mancini ebbe in terra francese, coi suoi soggetti popolari colmi di Verismo lirico, rappresentativi di un volto sociale ben distante, anzi antitetico, che gli acquirenti facoltosi non hanno saputo apprezzare).
Immancabile l’attrazione per l’Esostismo: la rarità che viene da lontano, ma sempre più facilmente raggiungibile, culto di una borghesia colonizzatrice, viaggiatrice e compiaciuta. Vedute, costumi piante, animali e oggetti d’Africa, Medio Oriente, India, Estremo Oriente.
Ma sono i gesti, gli sguardi, le espressioni a regalare la vera misura del carattere dell’epoca, comunicando parole non dette, lasciando intendere intenzioni. Lievità, slancio, gioia, licenziosità, donne e uomini colmi di fresca libertà, della visione di un futuro aperto e vasto, che ha commesso solo il peccato, purtroppo imperdonabile, di avere poca consapevolezza, ma che continua a regalare, grazie anche alle grande arte italiana, magia e visionarietà.
Chiara Vecchio