#leggendo leggende napoletane con le Formiche di Vetro
Il giovedì, per tutta l’estate il Museo Archeologico di Napoli apre le sue porte anche di notte, con un biglietto speciale, riservato a tutta la città, ai suoi abitanti e ai suoi tanti turisti. Un modo diverso di vivere il museo. Durante questo periodo sono andate e andranno in scena spettacoli teatrali e performance d’arte mentre le guide del Mann accompagneranno in maniera gratuita i visitatori tra le tante mostre presenti all’interno. Il grande fumettista Moebius, la storia con i suoi eroi e gladiatori, la collezione permanente del museo. Nella splendida cornice del Giardino delle Fontane giovedì scorso è andata in scena con “#leggendo leggende napoletane” la cultura napoletana, la napoletanità. Quel modo tutto partenopeo di intendere la vita, di amare e di ricordare, una certa attitudine allo stare al mondo, diversa da tutti gli altri. Lo riconosci subito un napoletano, ti sorride e ti accoglie.
Due attori e un telefonino. Tanto basta alla compagnia teatrale Formiche di Vetro per raccontarci l’essere napoletano. Senza l’aiuto di microfoni, solo con la voce e il corpo in uno spazio piccolo, senza un palco Francesca Muoio e Luca Trezza mettono in scena la cultura partenopea pescando tra le pagine della letteratura che ha visto la città protagonista, Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Matilde Serao, Giovanni Battista Basile. Cucendo insieme storie e leggende che ci accompagnano da secoli, gli attori si alternano cambiando di volta in volta personaggi e interpreti, situazioni e tempi, periodo storico e ambientazione. Guardandoli negli occhi sembra tutto così facile, a loro basta una leggera variazione della voce per passare dall’interpretare una matrigna a una figlia, che poverina deve pulire, dopo essere stata raggirata. Il corpo è uno strumento meraviglioso tra le mani di Muoio e Trezza che diventano per noi Etna e e Vesuvio, un maschio e una femmina, una storia d’amore, le due Sicilie. Ballano, seducono e cantano. Si divertono con noi, si divertono tra loro anche quando ci portano in guerra, la seconda, tra bombe, sirene d’allarme e ricoveri. Diventano addirittura tedeschi per noi, Hans si fanno chiamare, ma si sa che per noi napoletani i tedeschi si chiamano tutti Hans. E diventano anche loro figli di Napoli, tutti uguali come lo sono i figli per le madri, come lo sono i figli di Filumena Marturano, e Francesca Muoio lo sa bene. Leggono leggende napoletane, le interpretano e ci raccontano una cultura sembra in bilico tra vita e morte, superstizione e religione.
Pregando la Madonna delle Rose ci muoviamo tra passione e speranza in una città da sempre ricca di mille contraddizioni che la rendono unica, amabile e detestabile allo stesso momento. Una città che non lascia indifferente, anche quando sparano nel rione e ci troviamo sotto al grande albero di Posillipo cercando un riscatto che forse non arriverà mai. Ma il napoletano è così, almeno dicono, ci crede comunque, ci crede lo stesso e va avanti guardando le stelle, cercando una riposta dove non c’è domanda. Tra le foglie cadute dagli alberi, che vanno sempre alzate, spazzate , raccolte. Serve spazio, altro spazio per la seconda folata di vento, che porterà con sé nuove foglie e nuove voglie. Che ci pensa lo spazzino Salvatore e il suo cane Caffè. Con Luca Trezza e Francesca Muoio, e solo con loro, facciamo un viaggio attraverso i secoli scoprendo una Napoli che ci appartiene e che alle volte ci sfugge. Siamo distratti, corriamo e ci affanniamo, per fortuna esiste il teatro e il MANN, e quando si uniscono è subito magia, è subito napoletanità.
Antonio Conte