“LA TRAGEDIA DEL VENDICATORE” AL PICCOLO DI MILANO
Vendetta, odio, corruzione, ipocrisia, di nuovo vendetta, morte, follia, potere, lussuria e ancora vendetta e infine ancora morte. Sono queste le parole chiave della regia di Declan Donnellan, alla sua prima con il Piccolo Teatro su “La tragedia del vendicatore” di Thomas Middleton, dove la morte si alterna sapientemente alla rappresentazione, anche divertente, della corruttibilità dell’uomo.
Donnellan ha realizzato un copione che è molto al di là di una mera messa in scena. Il sipario, fatto di grandi porte di legno scorrevoli, accoglie gli spettatori all’ingresso della sala dello Strehler e sin da subito si sparge nell’aria il dolce profumo della vendetta. Le porte scorrevoli sono un mezzo che aiuta a leggere la storia facendo cogliere ogni volta nuove sfumature. Anche la vista è accarezzata dal concetto di vendetta che appare scritta a caratteri cubitali sin dall’inizio. Il dialogo costante con lo spettatore, fa nascere un equilibrato connubio tra risate e epici spaventi. Il mondo attuale, a cui nello spettacolo si fa riferimento grazie a un look moderno degli attori e alle telecamere che entrano in scena con degli operatori in cerca si scoop, gira sulla voglia di potere, sull’ipocrisia e sull’estrema perversa sessualità. I ruoli di genitore, sia padre e sia madre, ne escono un po’ sviliti e fa trapelare che il male della società inizia dalla famiglia. La vendetta di Vindice (letteralmente Vendicatore) per la morte violenta di Gloriana, sua promessa sposa violentata e uccisa dal Duca, è il motivo della complicità iniziale dello spettatore nei suoi confronti. Ci si trova davanti alla fragilità dell’uomo che è di fatto profondamente incapace di perdonare chi lo ferisce e incapace di non farsi tormentare dal motivo che ha creato un così indelebile e insuperabile dolore. Un’empatia che, considerato l’odio con cui Vindice porta avanti il suo piano diabolico, si trasforma lentamente in un rifiuto dello spettatore, costretto ad assistere alle gesta cattive di un uomo ferito che diventa folle, tanto che la vendetta sarà in grado di arrivare anche post-mortem, grazie ad uno stratagemma in cui il teschio di una vittima riuscirà ad uccidere il suo assassino.
Un’opera che ci ricorda che il desiderio di punire qualcun altro finisce inesorabilmente per danneggiare se stessi. Un eccezionale Vindice, interpretato da Fausto Cabras e bravi anche il Duca Massimiliano Speziani e Ivan Allovisio, figlio del Duca detto il Lussurioso. Le due madri, frivola e struggente, sono state interpretate da una fantastica Pia Lanciotti e particolare l’esibizione di Marta Malvestiti, sorella di Vindice, vergine che viene attenzionata dal Duca.
Luigi Barbetta