“La terza geografia”, le radici di Carmine Valentino Mosesso
“Voglio l’aria che proviene dalla terra, dalla gente comune.”
“La terza geografia” (Neo. Edizioni, 2021, pp. 106 euro 12) di Carmine Valentino Mosesso è un’opera di gratitudine. È una raccolta in versi che lega il poeta alla terra, il nuovo all’antico, l’intimo all’universale. È “una geografia che non si studia a scuola, che insegna la dermatologia dei sassi e a percepire il guasto nel paniere dei paesaggi (…) Una disciplina di costole e tralicci, carne e cielo: la terza geografia.”
“Sono grato al mio paese per il parlare degli anziani,
per la neve e le lucciole nel pane.”
È dalla terra, la Madre Terra, che tutto ha il suo principio e tutto qui continua, cullato dal tempo e dalle stagioni, quando – vestita di neve – “indossa l’abito da sposa” e “diventa fatale, romantica, solenne”, con “gente dalla voce bassa/dalla parola che non compra più nessuno/madri di un lavoro semplice e d’importanza vitale”.
E Carmine Valentino Mosesso ha deciso di tornare proprio in quei luoghi – i suoi – in quella terra dell’Alto Molise, dove tutto ha avuto origine. La sua vita. Lì dove è ancora viva l’essenza delle radici, dei contadini e della memoria. Lì dove – tra le “strade d’Appennino”, tra l’erba e le montagne – “Dio inventò i colori”.
Ma è questo un principio o una fine? Riusciremo a riprenderci il fiato che ci hanno rubato?
“I paesi si salveranno”, perché è lì che c’è umiltà, condivisione e partecipazione alla vita, “al miracolo”, è lì che la vita si risolve in minimi termini e minimi gesti e “si ripete ancora lo scenario della desolazione”.
“Il pastore ha scelto la voce delle cose
Più che le parole degli uomini, ha scelto il vento,
un altro modo di abitare il tempo.”
Restare o tornare per restare, lì dove – come diceva anche Cesare Pavese – rimane sempre qualcuno ad aspettarci: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”
E poi ci sono, infine, le poesie d’amore, quelle che… i baci “concimano i ciliegi” e le lingue sono “fiore che spunta sulle alture”.
Marianna Zito