“La maledizione di Rasputin” di Sergio Kraisky
“La maledizione di Rasputin” (Voland, 2022, pp.289, euro 17) può considerarsi un meraviglioso intreccio di vite. Sullo sfondo, una delle pagine più brutte della storia, quella dei totalitarismi del Novecento. Particolarmente apprezzabile è la caratterizzazione dei personaggi che Sergio Kraisky rende con una buona dose di introspezione.
Pavel, nato la stessa notte in cui il famigerato Rasputin lasciava agonizzante questo mondo, è costretto a fuggire dalla Grande Madre Russia insieme all’ingombrante matjuška. Oleg, suo padre, è disperso e per loro l’unica possibilità è chiedere asilo a un altro paese, l’Italia. Nella Germania nazista un’altra famiglia è costretta a lasciare la Patria. Sara, la cui unica colpa sembra essere il suo credo religioso, viene violentata mentre passeggia con la sua piccola Sigrid lungo il Tiergarten a Berlino. Per lei, suo marito Ralf e Sigrid non c’è più posto. I brutali accadimenti che coinvolgono le due famiglie, seppur in posti diversi, segneranno l’inizio di un lungo e faticoso peregrinare che li porterà verso terre straniere – Italia, Romania, Brasile, Afghanistan e Australia – tra nuove generazioni e vecchi dolori che non smettono di riaffiorare dal passato.
Sono tante le vicende, troppe le emozioni che ogni volta si provano. C’è l’irrequietezza di chi non sa più riconoscersi in nessun luogo. Non sa più riconoscersi e basta perché ricostruirsi ogni volta è sempre più complesso. C’è una grande voglia di combattere. E poi c’è la resa, la disillusione. C’è la giovinezza che grida feroce e la vecchiaia che mette a tacere. Forte, potente, come una maledizione. Come Rasputin.
Sara Pizzale