“ISABEL GREEN” AL TEATRO ELFO PUCCINI DI MILANO
Al teatro Elfo Puccini di Milano dal 19 al 24 Marzo è andato in scena “Isabel Green”, testo di Emanuele Aldrovandi, interpretato da Maria Pilar Pérez Aspa per la regia di Serena Sinigaglia. La produzione è di ATIR Teatro Ringhiera.
Il palcoscenico è uno scrigno nero, le luci sono tutte per la stella al centro, Isabel Green, a cui è stato appena assegnato il premio Oscar. Isabel ha raggiunto il culmine della carriera di un’attrice, dovrebbe essere al settimo cielo e invece, nel momento stesso in cui avviene l’annuncio, qualcosa dentro di lei si rompe. L’attrice cerca disperatamente di tenere insieme i pezzi, di recitare almeno la parte della donna realizzata eppure non vi riesce. Il monologo è un susseguirsi di voce interiore, che ci porta nei pensieri di Isabel, e voce esteriore che ci riporta spesso bruscamente alla realtà. Isabel è fuori di sé, ha davanti agli occhi tutti i sacrifici e le rinunce che ha dovuto fare per arrivare ad avere quella statuetta in mano e ora che è lì fa di tutto per non abbandonare il palco. Isabel ha un figlio che non sente da anni, la sua vita è una continua corsa in giro per il mondo che le toglie il tempo e il modo di stabilire delle relazioni profonde; perfino il suo lavoro è diventato per lei un’orrenda routine in cui deve sottoporsi a qualunque tipo di trattamento, come riempirsi di terra sotto le unghie per poter interpretare il ruolo di madre Teresa di Calcutta. Mentre intorno a Isabel e dentro di lei la situazione si fa sempre più tesa, la stessa Isabel vede davanti a sé una bambina. Snocciolando gli aspetti negativi della situazione in cui si trova ora, Isabel si chiede come abbia fatto ad arrivare fin lì. La domanda si fa sempre più chiara, così come i lineamenti della bambina di fronte a lei: quella bambina è Isabel stessa, a 8 anni, una bambina che “avrebbe fatto i salti di gioia al pensiero di doversi riempire le unghie di terra per recitare”.
Un’intensa Maria Pilar Pérez Aspa tiene alta l’attenzione del pubblico e lo invita a riflettere sulla propria esistenza in una società che, molto spesso, chiede di essere sempre produttivi, finendo per renderci spossati e depressi.
Giulia Acconcia