Il peso della solitudine
“Il peso” (NNeditore, 2022, pp. 363, euro 19) – romanzo scritto dall’americana Liz Moore – è centrato sulla vita di Arthur Opp, un uomo gravemente obeso che, ormai da tempo ha deciso di vivere la sua vita lontano da tutti.
Arthur è un ex tutto: ex professore di Letteratura, ex figlio, ex amico. Nel suo presente c’è solo solitudine, tanta. E cibo, troppo. Interrotto il suo rapporto lavorativo con l’Università, Arthur decide di chiudere i ponti con il mondo esterno e si ritrova a vivere da solo nella sua casa di Brooklyn. Non ha più rapporti con il padre, la sua migliore amica è morta, non conosce neanche i suoi vicini di casa. Mantiene da tanti anni però una corrispondenza con Charlene Turner, un’ex studentessa verso la quale nutre un sentimento platonico e profondo. La vita di Arthur sembra essere cadenzata da quegli appuntamenti con le lettere di Charlene, alla quale manca di dire cose importanti sulla sua vita. Si scoprirà sorpreso nell’apprendere che Charlene ha un figlio, Ken Keller, che ora ha bisogno di un aiuto che solo lui può dargli. Il ragazzo, infatti, pur essendo bravissimo con il baseball, ha qualche difficoltà ad accedere all’università. È questo il motivo scatenante che porterà la vita di Arthur ad incrociarsi con quella di Ken. Charlene sceglie, con un ultimo e significativo gesto, di regalare Arthur e Ken l’uno all’altro.
Il peso è un libro che si lascia leggere con voracità. Un libro intimo, profondo, dal carattere fortemente introspettivo. Ciascun personaggio deve fare i conti con il peso del fardello che si porta dietro. Ad ognuno è toccato colmare il proprio vuoto con ciò che poteva. Per Arthur c’è il cibo, per Charlene l’alcol. Ad ognuno è toccato scegliere come sopravvivere e come scendere a patti con la propria fragilità. Tutti i personaggi, anche quelli secondari, trovano davanti a sé un muro enorme che deve essere abbattuto. Si salverà solo chi sceglie di abbattere la propria solitudine e uscire dal guscio che si è creato. La loro redenzione passa attraverso l’apertura verso il prossimo. Liz Moore veicola in questo modo un messaggio importante: ci ricorda che non siamo isole e nessuno si salva da solo. Ci ricorda che siamo fragili e che abbiamo diritto al nostro lieto fine. Magari non quello che si aspetta il lettore.
Non ci sarà nessun “e vissero felici e contenti” perché il peso che ognuno si trascina dentro non può essere cancellato con un colpo di spugna. Resta il dolore ma impara a fare spazio alla speranza.
Sara Pizzale