IL PENITENTE di David Mamet- La “colpa” del singolo sul palcoscenico dell’Eliseo
“Non devi capirlo, devi solo accettarlo…”
L’America di David Mamet torna impetuosa al Teatro Eliseo attraverso un tema decisamente gravoso, incontrollabile e presente anche in Italia, quale è la gogna mediatica utilizzata, nella maggior parte dei casi per l’attacco al singolo individuo. Pensiamo immediatamente a Enzo Tortora, Rubin “Hurricane” Carter, Richard Nixon e altri volti ricordati anche dalle proiezioni di Claudio Cianfoni, Marco Tursi e Andrea Paolini che sovrastano la struttura del palcoscenico e della platea. La scena ha pochi elementi – un tavolo e due sedie ed è definita dal preciso perimetro quadrato di un ring, dove gli attori, due alla volta in otto scene – si confronteranno e si interrogheranno sulle proprie ragioni.
Cosa è giusto e cosa è sbagliato? La verità è quella tangibile, accaduta o è quella scritta sui giornali di chi fa del “comporre parole” il proprio mestiere?
L’andamento – eccessivamente lento per una pièce che intrisa di grinta e di rabbia avrebbe ottenuto risultati veramente ottimali – non distacca però l’attenzione del pubblico, attento a non perdere un passaggio o una parola dove potrebbe nascondersi un accenno alla verità.
Tradotto e diretto da Luca Barbareschi e del tutto fedele al testo originale, Il Penitente (2016) di David Mamet racconta la storia di Charles (interpretato dallo stesso Barbareschi) uno psichiatra condannato dalla stampa, dalla società e dalla stessa moglie Kath – interpretata da Lunetta Savino – per essersi rifiutato di testimoniare a favore di un suo giovane paziente, un pluriomicida che non vedremo ma su cui girerà l’andamento dell’intero dramma. Il capro espiatorio diventa l’omosessualità, in contrasto con una conversione religiosa – ebraica nel caso specifico – evidente anche dalla kippah indossata dal protagonista.
Ma, infine, qual è la verità?
Un dramma irrisolto senza un reale sviluppo, una condanna decisa in partenza dove l’assenza di etica sociale va inesorabilmente a infliggere la pena al singolo individuo.
Al Teatro Eliseo di Roma fino a domenica 26 novembre.
Marianna Zito