“Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne” di Jude Ellison Sady Doyle

“La donna è sempre stata un mostro”.
Esordisce così Jude Ellison Sady Doyle nel suo “Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne” (Tlon, 2021, pp. 304, euro 18). Che siano di bellezza letale o di bruttezza intollerabile, dice Doyle, ogni loro caratteristica minaccia l’uomo, e pertanto bisogna difendersi. Dalla personificazione biblica della donna come regina della lussuria, che annuncerà la fine dei tempi nell’Apocalisse di Giovanni, al biasimo di uomini di fede come Tommaso d’Aquino che scrisse “Se non fosse per la loro capacità di dare alla luce figli, Dio avrebbe commesso un errore a crearle”. E ancora, la lunga tradizione che vuole le donne mestruate come pericolose, come impure; oppure la troppa libertà sessuale che avrebbe scardinato l’ordine sociale, quello, ovviamente patriarcale.
La premesse di ogni sessismo, scrive Doyle, “è che gli uomini hanno un corpo e un’anima perfetta. […] L’umanità è definita dagli uomini, perciò le donne, che non sono uomini, non sono umane. Da qui la necessità che vengano dominate dagli uomini – e se le donne si ribellano a questo dominio, diventano mostruose”.
La natura della donna
“Il mostruoso femminile” è un saggio sulla natura selvaggia delle donne, sul loro scontrarsi e combattere perenne con l’ordine maschile. E Sady Dyole argomenta le sue tesi attraverso l’uso, davvero brillante, del mito, antico e moderno, e della letteratura, dei film, del romanzesco.
Storicamente, ci dice Doyle, l’uomo nutre terrore per le donne, per la loro forza distruttiva. E il terrore delle donne “è forse la più importante verità dietro la misoginia”. Semplificando, dietro a tutti ciò si cela la parola “patriarcato”, che, scrive Doyle, “Non è sessismo, ma crea sessismo e ne ha bisogno: […] Richiede ed esalta la violenza maschile, specialmente la violenza sessuale, ma è ben più radicato delle azioni fatte per difenderlo. Il patriarcato è un’egemonia culturale e morale che impone un’unica e “naturale” struttura familiare – quella in cui l’uomo si serve della donna per procreare e crescere i “suoi” bambini e dove il padre esercita un’autorità indiscutibile su madre e figli – e, su scala più vasta, costruisce società che appaiono e funzionano come delle famiglie patriarcali, governati da re, presidenti, amministratori, delegati e dèi, tutti maschi e onnipotenti.”
Il patriarcato, nel suo controllo sulla società, ha creato i mostri, e sono proprio questi che Sady Doyle analizza in questo saggio, perché “Le storie di mostri ci permettono di cogliere in modo diretto la trama della dominazione maschile e della sottomissione femminile, la quale di solito si riduce a una serie di ansie indefinite che svolazzano tutt’intorno le nostre interazioni quotidiane.”
Il saggio
E per esaminare il modo in cui le donne vengano minacciate sin dalla più tenera giovinezza, l’autrice divide il saggio in tre sezioni, “Figlie”, “Mogli” e “Madri”, con relativi sottogruppi per ogni passaggio di condizione. Ad esempio, nel primo capitolo dedicato alle figlie, troviamo la fase della “Pubertà”, foriera di cambiamenti e distruzione, ben rappresentata dal personaggio di Regan, la ragazzina protagonista del film L’esorcista, che rappresenta alla perfezione quello stato di cambiamento a cui porta quell’età e che gli adulti tentano di mettere un freno.
Regan, abitata dal demone Pazuzu, sembra più che altro essere posseduta dal demone della pubertà: “La pelle liscia della bambina comincia a spaccarsi e a riempirsi di croste, diventa incolore, trasuda, è irriconoscibile. Esplode di rabbia, insulta le figure autoritarie e si oppone, si fa beffe di Dio e dell’uomo lanciando inutili provocazioni. Parla ossessivamente di sessi, soprattutto per scandalizzare gli altri. Impreca, urla, odia tutti, e il minuto dopo è l’adorabile bambina che vuole la mamma. La voce si abbassa. Si masturba. Sanguina dalla vagina. In parole povere, Regan diventa adolescente”.
Il corpo cambia, e la società maschilista a stento riesce a contenere questa esplosione di vitalità femminile. Lo stesso processo di cambiamento a cui va incontro la sfortunata Anneliese Michel, una ragazza tedesca che diviene vittima non solo della sua schizofrenia, ma anche di una famiglia e società che le impone costrizioni che la porteranno alla morte. Hollywood si approprierà di questa terribile storia per un film partigianamente cristiano e dunque dalla parte dell’ordine maschile, L’esorcismo di Emily Rose (2005). Pubertà e Verginità sono i primi momenti che Sady Doyle analizza nel suo viaggio attraverso quelle che potremmo identificare come le fasi di costrizione femminili.
La donna
Il ruolo della donna deve essere contenuto nel suo ruolo di moglie, attraverso la normatività della seduzione e del matrimonio; dunque, successivamente, diventare Madre, sobbarcandosi il peso della nascita e della famiglia intera, al fine di non identificarsi nella figura della Cattiva Madre. Per ogni passaggio, dicevamo, l’autrice di accompagna attraverso la mitologia dell’immaginario, così passiamo dalla lussuriosa e poliamorosa Lucy Westenra del Dracula di Bram Stocker ai dinosauri di Jurassic Park fino alla rivalutazione di una madre cattiva, Augusta Gein, madre del serial killer Ed Gein (ispiratore, tra gli altri, del Norman Bates di Psycho, libro e film) che risulta essere uno dei capitoli più appassionanti e riusciti di questo libro di Jude Ellison Sady Doyle, capace di argomentare secoli di oppressione nei confronti del femminile con arguzia e gestendo in modo brillante il nostro immaginario culturale, una mitologia in cui possiamo trovare quello che siamo, in negativo, e le risposte per liberarci da schemi imposti dalla cultura patriarcale.
Giovanni Canadè