“IL FU MATTIA PASCAL” APRE IL NUOVO ANNO DEL TEATRO LITTA DI MILANO
Il 2019 del Teatro Litta di Milano inizia con una produzione del Teatro degli Incamminati in collaborazione con la Compagnia I Demoni nell’allestimento del capolavoro di Luigi Pirandello “Il fu Mattia Pascal”, nell’adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni, in scena dal 10 al 20 gennaio. La storia di Mattia Pascal è un famigerato esempio di riflessione sulla vita e rappresenta la possibilità di rifarsene una, per caso, ma allo stesso modo è indicativa di un passato che non si può cancellare e che prima o poi ritorna, che la libertà ha in sè anche una prigione. E proprio sul concetto di libertà in intreccio con quello di identità si concentra lo spettacolo.
“Siamo io e l’ombra mia qui sulla terra.”
Quando le luci in sala si abbassano gli spettatori vedono emergere la figura di un presentatore da circo, con frac rosso di paillettes e bastone (Marco Balbi) che introduce l’attrazione della serata, una tenda circolare, sulla quale si proietta la storia di Mattia Pascal attraverso un gioco di ombre e voci. E questo gioco di ombre racconta chi era Mattia, un uomo affascinante nonostante il suo occhio strabico, che conquista, ricambiato, sia Olivia, la moglie di Batta Maragna, suo amministratore, sia Romilda, nipote di Maragna, ma di cui il suo amico Pomino é innamorato. Questi intrichi amorosi porteranno amarezze e complicazioni, costringeranno Mattia a sposare Romilda e a sopportare la presenza della suocera, la vedova Pescatore, fino a quando non decide di andarsene via, dopo l’ennesima lite. Ed è proprio quando Mattia scappa dalla sua vita a Miragno che il gioco di ombre prende vita e Mattia Pascal (Mino Manni) compare in scena, con la sua presenza che riempie tutto il palcoscenico, esternando le sue domande e le sue riflessioni. Mattia appare quando si trova casualmente davanti a un bivio: tornare alla vecchia vita o costruirne una nuova, tornare in prigione o scegliere la libertà, o almeno ciò che lui ritiene essere tale. Avendo scoperto che a Miragno é creduto morto, si sente libero da ogni legame e responsabilità, ancora di più quando vince una somma ingente al casinò. Ma davvero questa è la libertà, è la luce senza ombra? La convinzione di Mattia, dopo l’euforia iniziale e i numerosi viaggi, inizia a traballare quando arriva a Roma e decide di stabilirvisi. Capisce che non potrà mai comprare una casa a suo nome e che anche con un nome nuovo gli sono precluse molte cose, se non si registra all’anagrafe. Perciò, lasciando da parte questi pensieri e ribattezzandosi Adriano Meis, Mattia trova la sistemazione in una camera ammobiliata, gestita dal signor Anselmo Paleari (Marco Balbi) e la figlia Adriana (Letizia Bravi), di cui Mattia si innamora subito, ricambiato. Adriana però è anche la preda del cognato vedovo di sua sorella, Terenzio Papiano (Alessandro Castellucci). Altra inquilina della casa è Silvia Caporale (Gianna Coletti), una zitella, ex pianista, che ama organizzare sedute spiritiche con gli altri abitanti della casa.
La regia di Alberto Oliva è molto originale, dinamica e funzionale, il protagonista, Mino Manni, riempie la scena ed è un ottimo interprete di Mattia e delle sue ombre, Alessandro Castellucci, Marco Balbi, Letizia Bravi, così come l’esilarante Gianna Coletti formano una squadra efficace e di alto livello.
“La libertà è solo una falsa illusione.”
Se Mattia Pascal fosse vissuto ai giorni nostri, forse sarebbe rimasto a Roma o forse avrebbe falsificato la sua identità “regolarmente”, ma di certo il passato, prima o poi, avrebbe trovato il modo di bussare nuovamente alla sua porta.
Bravissimi tutti, spettacolo da vedere.
Roberta Usardi