Il FINALE DI PARTITA di Filippo Gili allo Spazio Diamante
Abbiamo apprezzato moltissimo lo scorso anno l’Aspettando Godot di Filippo Gili che continua la sua accurata operazione – legata al teatro di Samuel Beckett – presentandoci il suo punto di vista su Finale di Partita, che si allontana sempre di più dalla denominazione filosofica di teatro dell’assurdo per soffermarsi su un contesto irrazionale in contrasto con la realtà.
Ritroviamo anche qui Giorgio Colangeli nelle vesti di Hamm in una piccola scena essenziale, come nel testo originale: una cabina post-apocalittica con due piccole e alte finestre, due bidoni della spazzatura e pochi oggetti sparsi. “Siamo sulla cima di un faro”. Hamm è ovviamente nel centro esatto della scena e Colangeli nel ruolo di questo grandioso padre – ora con un linguaggio capriccioso infantile ora con parole francesi e inglesi sparse qua e là – ci rende partecipi della sua grandissima prova attoriale da cui fuoriesce, in modo naturale, quell’apprezzata comicità disperata beckettiana che non sempre si riesce a realizzare o a far percepire allo spettatore.
Hamm distrugge lentamente “il figlio adottivo” impedendone ogni volta la partenza e Clov è un Giancarlo Nicoletti agitato e impacciato mentre calpesta il palcoscenico; contiene la sua ira fino alla fine esplodendo poi, improvvisamente, senza lasciare nessuna alternativa o soluzione. Al tempo stesso, Hamm mantiene in vita i genitori ormai morti da tempo: la volontà del distacco è inconcepibile a tal punto da tenere unite, attraverso determinanti influenze psicologiche, più generazioni di vivi e di morti in un lunghissimo e illogico arco temporale che tocca passato, presente e futuro. Questi due vecchi (ma giovanissimi) genitori – una rassegnata Olivia Cordsen e un rabbioso e violento Matteo Quinzi – abitanti dei bidoni, condizionano ampiamente l’esistenza del figlio, mentre oltrepassano con gli occhi quella vita fissata oramai solo nei loro lontani ricordi, altro non sono che delle “proiezioni psichiche” che rimandano alla memoria passata dell’infanzia del protagonista.
Per tutta la durata dello spettacolo, si percepisce un’improvvisazione astuta e sfrontata – non usuale rispetto alle indicazioni sacre e dettagliate di Beckett – ma che marchia la forte impronta registica, il timbro caratteristico degli intensi lavori di Gili che riesce ad essere sempre e solo uguale a se stesso, mai prevedibile e mai scontato.
Ultime date 9, 10 e 11 marzo allo Spazio Diamante di Roma.
Marianna Zito