Herlitzka legge Tabucchi per noi, balenieri inconsapevoli
Dopo aver veleggiato per molti giorni e per molte notti, ho capito che l’Occidente non ha termine, ma continua a spostarsi con noi, e che possiamo inseguirlo a nostro piacimento senza raggiungerlo mai. *
Sabato scorso, il 20 febbraio, è stata caricata su Nice Platform (la piattaforma streaming gestita da Fondazione Cirko Vertigo) la registrazione di Donna di Porto Pim, riduzione drammaturgica dell’omonimo libro di Tabucchi curata da Teresa Pedroni, letta e recitata da Roberto Herlitzka per la Compagnia Diritto e Rovescio. Il video è stato realizzato nel novembre 2017, la serata era al Teatro Vascello di Roma. Che poi, vien da chiedersi se abbia ancora senso parlare di luoghi fisici, se tanto gli spettacoli possono essere visti invariabilmente da Busto Arsizio alla Groenlandia, ma forse questa è una polemica che non ci compete. Non saprei.
Citando Tabucchi, il catalogo dell’editore Sellerio dice, tra le altre cose: Questo libretto trae origine, oltre che dalla mia disponibilità alla menzogna, da un periodo di tempo passato nelle isole Azzorre. Suoi argomenti sono fondamentalmente le balene, che più che animali sembrerebbero metafore. Una dichiarazione che già scoperchia un titillante sottomondo escapista e metafisico: isole vulcaniche, però verdissime, come nei quadri di Rousseau… l’arcipelago delle Azzorre: monti di fuoco, vento e solitudine… siamo sull’isola di Pico, poi a Faial, a metà strada tra due continenti (e quindi, a prescindere dai confini velleitari imposti dagli umani, terra di nessuno e di tutti). Un capodoglio, nel 1919, viene portato fino al sagrato della chiesa del paese. Poi la cronaca della caccia: la corsa affannosa che dura poco perché la bestia si arrende all’arpione dopo meno di un chilometro, esausta. E un anziano pescatore racconta la sua vita, l’amore, l’audacia: figura emblematica, forse più di colei che dà il titolo all’opera, perché prosegue quella tradizione che partì con Giona il profeta e che passando per l’Astolfo di Ariosto e il Geppetto di Collodi giunge sino a Marlin e Dory, quelli della Pixar. I cetacei, si diceva, simboleggiano qualcosa: ci riportano a questioni più spinose, più complesse, quelle che siamo chiamati ad affrontare come singoli e come popoli. Enigmi dello spaziotempo, colture occultate, sfingi.
Chiaramente – si potrebbe avere un’altra opinione? – quella di Herlitzka è una resa impeccabile, poiché vivifica un immaginario, concretizzandolo. Con lui sul palco, non viene disperso nulla dei legami portuali narrati, né si corre il rischio di dimenticare quanto è stato condiviso: la notte di San Lorenzo, certi padri che muoiono troppo presto, fratelli che scappano e non solo non ritornano ma hanno anche l’ardire di invitarti, perché sai, qui nel nuovo mondo la vita è più facile, siamo tutti ricchi. Herlitzka (accompagnato da Isabella Mangani alla voce e Felice Zaccheo alla chitarra) gesticola come uno stregone; scruta l’aria penetrandola, trafiggendola; muove la testa dal basso verso l’alto e sembra impersonare un docente che esige l’ascolto del discente, poi s’inclina e riparte a leggere, recitando. Talvolta ammicca, e sorride vago e quasi beffardo, sfuggente eppure statico, inafferrabile eppure per nulla oscuro. La registrazione è breve: sono solo cinquanta minuti a condensare il testo originale, ma come si è detto nulla rimane inespresso delle parole di Tabucchi, che anzi vengono esaltate, magnificate dall’indubitabile capacità attorale di Herlitzka, che non solo riplasma la letteratura attraverso il teatro, ma coinvolge l’astante tanto da fargli credere di essere parte integrante di quella narrazione, ed è come se ci dicesse: sto leggendovi una storia che non vi riguarda, ma che paradossalmente racconta proprio di voi! Voi, che non siete balenieri e non vi sognereste mai, oggidì, di perpetrare barbarie di quel tipo; voi che non siete donne appena sbarcate su un’isola nel bel mezzo del nulla; voi… noi, tutti noi, come in una nuova metaforica genesi, riemergiamo e con l’occasione captiamo che nell’aria che respiriamo c’è qualcosa che non si può capire, ed è giusto così. Dobbiamo solo arrenderci al moto ondoso, al flusso, accettare l’inevitabile e l’atavico perché tanto non c’è altra via.
Davide Maria Azzarello
* Incipit di Donna di Porto Pim, A. Tabucchi, Sellerio, 1983.