“CYRANO DE BERGERAC” – ROSTAND E BARBARESCHI ALL’ELISEO
I cent’anni del Teatro Eliseo ci immergono subito in una festa di luci e di colori. Parte proprio così il “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, in scena fino al 25 novembre, con la minuziosa regia di Nicoletta Robello Bracciforti che ci immerge da subito nell’atmosfera seicentesca di Richielieu, grazie ai costumi di Silvia Bisconti e alle eccezionali scenografie di Matteo Soltanto, perfettamente incastrate su di un palcoscenico completamente diverso da quello a cui siamo abituati: ricco di quadri, di scale e soppalchi a incastro, a creare la struttura di un vero e proprio carillon umano, grazie ai numerosi attori che circondano i personaggi principali e alla musicalità stessa dell’opera in rima. Persino le tante corde di scena, unite tra di loro, vanno ad aprire sulla testa dei protagonisti un albero enorme e perfetto simbolo universale della vita che in sé tutto racchiude, persino la morte, in quelle foglie d’oro cadute a terra.
Finzione, teatro e poesia si ritrovano, si intersecano e ricompaiono. Tutto questo è Cyrano. L’inganno per conquistare Rossana fa sì che dalla bellezza di Cristiano – Duilio Pacello – escano le parole d’amore di Cyrano, riluttante ad aprirsi a causa del suo grande naso. Ed è la parola stessa la protagonista di tutta l’opera. È la parola a combattere, a sedurre, ad amare fino a innescare un moto salvifico seppur mortale. Ed è proprio Luca Barbareschi, nelle vesti del cadetto di Guascogna, il fulcro e che, con l’interpretazione di quest’opera, riesce a pieno a regalarci tutto se stesso, con capriole eleganti e continue di movimenti e parole. Ed è l’amore la forza motrice di questa “parola”, l’amore verso Rossana, interpretata da una soave Linda Gennari,che con questa forza si innalza davanti ai nostri occhi increduli leggera e leggiadra.
Un incanto questo Cyrano che ci lascia a bocca aperta, sospesi anche noi tra i sentimenti e le parole di una storia di cui conoscevamo il finale, ma che ci auspicavamo per una volta diversa e salvifica per tutti, fino alla fine.
Marianna Zito
Foto di Marco di Meo