Con i Sette Samurai si conclude la saga di “Contenuti Zero Varietà” al Teatro Leonardo di Milano
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Un percorso intensamente divertente dispiegato in sette puntate al Teatro Leonardo di Milano, per godersi l’allegria con le logiche del vecchio e caro varietà. Una sala gremita, tanti giovani, diverse personalità illustri per il canto del cigno di “Contenuti Zero Varietà” che è stato ideato, scritto e interpretato da Lorenzo Attanasio, Bruno Bassi, Valentina Cardinali, Andrea Delfino, Carlo Amleto Giammusso, Tano Mongelli, Giuseppe Scoditti, Giulia Vecchio, per la regia Pablo Solari. Le musiche sono Tano e l’Ora d’aria, le scene Maddalena Oriani e i costumi Barbara Petrecca. Un progetto in collaborazione con Paolo Scotti – Produzione AGIDI. Sponsor dello spettacolo lo zabaione Robespierre, che con la sua testa decapitata, è accompagnato da balletti e personaggi improbabili che decantano le doti miracolose dello zabaione.
Lo spettatore “affezionato” alla saga sa benissimo quello che lo attende. Sono ben noti il livello di divertimento, i ritmi e lo schema di rappresentazione. Ma chi guarda non riesce mai ad avere la più pallida idea sul fino a dove si spingeranno le attrici e gli attori che appaiono spontanei, divertiti e anche molto colti. Nonostante abbiano scelto la denominazione “Contenuti Zero Varietà”, si presentano come dei veri e propri dissacratori dei più profondi contenuti, anche attualità, trattati con disarmante leggerezza e in modo tanto originale quando assurdo, ma mai privo di significato. Nei sette samurai, gioco di parole suggerito da un’invasione cinese che arriva fino a comprare la compagnia e a creare cloni – copie conformi ai personaggi originali , si passa dal vedere in scena il dialogo delle parti del corpo umano, ai dialoghi tra i più famosi filosofi, attraversando l’animazione 3D di alcuni geroglifici Egizi. Non sono mancati Hitler, Nerone e una Miss Italia di provincia. Un viaggio a Recanati, tra le sudate carte di Giacomo Leopardi, è riuscito a sfociare in un neomelodico stampo partenopeo.
La sobrietà della scenografia è solo apparenza, non fosse altro perché la scena è sempre e sfarzosamente affollata e arricchita dalle note della band “Tano e l’ora d’aria”. Tra tutti, davvero di bravura disarmante, si sono distinti il matador Giuseppe Scoditti, che cerca di tirare le fila in un contesto di assoluta assurdità e Tano Mongelli che, con carisma con un umorismo e tempi di precisione chirurgica, domina la scena e detta i tempi per le più grasse risate. La vera star subliminale è stata Carlo Amleto Giammusso. Da buona spalla sfrutta bene il proprio tempo in scena a supporto del gruppo, esplodendo in ogni spettacolo in uno sfogo liberatorio e, con trovate originale tra pilastri geniali e innovativi, cerca di imporre l’impareggiabile mago e che si nascondono in lui, grazie all’utilizzo di un dialogo costante con gli spettatori.
Così bello che dovrebbe chiamarsi “Il Varietà da Dieci e Lode”.
Luigi Barbetta