“Chiamala Roma. Fotografie di Sandro Becchetti 1968 – 2013” al Museo di Roma in Trastevere
Sono rimaste poche settimane per riempirsi gli occhi con la mostra “Chiamala Roma. Fotografie di Sandro Becchetti 1968 – 2013” al Museo di Roma in Trastevere fino al 5 settembre 2021, un’esposizione è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con Archivio Becchetti, Postcart edizioni, il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia e il Sistema Museo di Perugia. A cura di Silvana Bonfili e Valentina Gregori. Organizzazione Zètema Progetto Cultura, con catalogo della mostra edito da Postcard.
Le 180 fotografie in bianco e nero, “convinto che tale scelta determinasse una estetica della grafica tale da consentire a ciascuno di dare la propria interpretazione di un’immagine”, che compongono il percorso disegnando Roma dal 1968 al 2013, anno della morte di Sandro Becchetti che – attraverso lo sguardo poetico delle sue Pentax e Leica – traccia un profilo sociale, culturale e antropologico della capitale e dei suoi continui e repentini cambiamenti, che mai però andranno a intaccare la sua storica bellezza. E Becchetti lo fa attraverso la gente comune che vive il centro e che abita le periferie, attraverso le personalità più significative di quegli anni che lì vivevano o erano solo solamente di passaggio, attraverso la ricostruzione di questo luogo magico.
Le sezioni tematiche in cui è suddivisa la mostra sono cinque che prendono il titolo, come la mostra stessa, dai testi dello stesso Becchetti, e contengono – oltre alle fotografie – filmati, documenti cartacei d’epoca e oggetti appartenuti o realizzati dall’autore stesso.
Chiamala Roma è il titolo della prima sezione e ci mostra immagini che partono dal 1960 e arrivano fino al 2013, percorrendo le strade della capitale – dalla periferia alle borgate, fino al centro storico – in un continuo alternarsi di caos e di bellezza: dal Campidoglio visto da una fessura dall’alto agli scorci della tangenziale, dalle caserme occupate ai festeggiamenti per la vittoria dello scudetto giallo-rosso, fino ad arrivare da Giordano Bruno a Campo de’ Fiori.
Un altro ’68 è il titolo della seconda sezione dove sono presenti le immagini delle lotte studentesche e operaie di quegli anni; ma non solo, troviamo anche lo sciopero per la casa, le donne in piazza e il Sud che arrivava a Roma per la realizzazione del proprio sogno,“…nata, sono nata nell’Africa d’Italia…” cantava Francesco De Gregori.
“Sì, il ’68 fui anche io: due Pentax, una Leica e la vita che mi passò davanti”.
Una mia idea di galleria è il titolo della terza sezione dove troviamo 40 ritratti di personalità internazionali del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo, fotografati da Becchetti per Il Messaggero. Nomino alcuni di quelli che mi stanno più a cuore, come il bellissimo profilo di Andy Warhol, Sandro Penna – “già allora malato” ed esule per scelta di libertà – immerso in quella tana che è la sua abitazione nei pressi di Via Giulia, l’austerità di Alberto Moravia, l’intramontabile bellezza di Piera Degli Esposti, un giovane Carmelo Bene, e poi ci sono tutti gli altri che rimangono.
Lo sguardo gelido e tagliente del poeta è il titolo della quarta sezione, dedicata al servizio fotografico realizzato nel 1971 da Sandro Becchetti per Il Messaggero su Pier Paolo Pasolini, presso la sua abitazione nel quartiere EUR. Tra le fotografie troviamo la famosa immagine di Pasolini che mostra tra le mani il volumetto “Le ceneri di Gramsci”, che scrisse nel 1957. Dopo essere state in mostra presso il Centro Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia, sono esposte per la prima volta a Roma le immagini dell’intero servizio, che ritraggono Pasolini nei vari ambienti della casa insieme a sua madre Susanna. Immagini tenere e toccanti, come la sorte di questa madre che nella vita visse la morte di entrambi i suoi figli.
“Valle Giulia (…) per me è la poesia di Pasolini. Pensavo e penso ancora che avesse ragione lui e quando lo ritrassi nella sua casa, trovai nella fissità disperata del suo sguardo l’onestà e l’umanità dell’intelligenza, di cui ancora oggi avremmo tanto bisogno”.
Infine, la quinta sezione Un’altra storia, a raccontare altri luoghi e altre storie al di fuori dalla città di Roma: dalla vita contadina nella campagna romana e umbra a scene di cittadine italiane ed estere.
“Chiamala Roma” è una mostra che non finirà nel momento in cui lascerete il museo, perché quelle immagini così vaste e disconnesse, che abbracciano Roma come l’Italia intera, rimarranno con voi mentre quelle strade continuerete a percorrerle, ogni giorno, in memoria di ciò che è stato e con lo sguardo verso ciò che sarà.
Marianna Zito