“Chi sono io” è il nuovo album di Sergio Casabianca e Le Gocce – L’intervista

Dal 25 agosto è disponibile in digitale “Chi sono io”, il nuovo album del canta-attore Sergio Casabianca e Le Gocce, anticipato dal singolo omonimo lo scorso maggio. Sergio Casabianca, nome d’arte di Sergio Cenci, è nato a Rimini e si definisce canta-attore, ma anche cantautore e cantastorie, unendo musica a teatro. La band Le Gocce è formata da Francesco Montesi (tastiere), Filippo Montesi (chitarra), Federico Lapa (percussioni), Gianmarco Petti (basso) e Marco Talevi (batteria). Al disco hanno collaborato anche Daniele Mancini (saxofono), Lucia Solferino (violino), Agnesina Giso (corno) e Krapach (voce nel brano “La coscienza”). Abbiamo fatto qualche domanda a Sergio Casabianca per saperne di più.
Con il singolo “Chi sono io” hai puntato lo sguardo verso una malattia come l’Alzheimer, un argomento toccante e reso ancora più forte dal videoclip; non è la prima volta che le tue canzoni mirano a sensibilizzare verso argomenti di questo tipo, hai sentito questo stimolo dai tuoi anni di volontariato?
Certamente i miei anni di volontariato e la mia permanenza in Cambogia durata tre anni a fasi alterne, ha contribuito a sensibilizzare maggiormente una parte di me presente ma sconosciuta. Ma ciò che mi ha spinto verso il mondo dell’Alzheimer è il conttato frequente che ho con gli istituti anziani verso i quali ogni 15 giorni faccio, insieme ad altri volontari, servizio di animazione. Per me significa cantare e suonare brani dei loro tempi, raccontargli qualche storiella divertente e il mio passato da barzelettiere mi aiuta parecchio! Passando tempo con loro, ti accorgi di un mondo parallelo che viene vissuto chiuso da muri non cosi evidenti, ma tanto spessi. All’interno ci sono problematiche di ogni tipo e in passato avevo già scritto qualcosa e fatto un cortometraggio che parlava appunto degli istituti per anziani. Ho anche visitato e fatto animazione in istituti per malati di mente, istituti per ragazzi portatori di handicap, per senzatetto, per tossicodipendenti, ho suonato in carcere e per malati terminali, insomma, un bel bagaglio di cose, ma ciò che ha fatto scattare la molla per questa canzone è stato il ricovero di una mia cara giovane amica che purtroppo non ce l’ha fatta. Questa è stata la scintilla che ha portato me e Marco Magnani a buttar giu un testo che potesse spiegare a più persone cos’è l’Alzheimer e che potesse sensibilizzare di più sia il mondo dei social che quello musicale. Io spero davvero di poter acquistare più popolarità, ma non per diventare ricco, ci crediate o no non è un mio pensiero, ma per portare in giro un messaggio forte sulla vita reale, sulla bellezza di esistere e la bellezza che esiste nell’arrivare secondi, mi sento davvero un messaggero, ho scelto di esserlo in un momento preciso e rimarrò coerente con quella scelta dettata da qualcosa o qualcuno decisamente più grande di me.
Nell’album “Chi sono io” parli di amore, di altruismo e solidarietà, come in “Amore in mezzo a noi”, in cui canti “non sono angeli che volano nel cielo, sono donne e uomini che quando aiutano prendono il volo”, quando hai scritto i brani del disco e a cosa ti sei ispirato per questo in particolare?
Mi sono ispirato ai tanti volontari che ogni giorno si adoperano per mettere pezze alle voragini che lasciano aperte i nostri governanti. Il mondo del volontariato è una forza indispensabile per mandare avanti un paese. Purtroppo anche in questo mondo, come in tutte le cose, esistono gli onesti e i disonesti, persone che non guardano in faccia a nessuno e che attraverso il volontariato riempiono le loro tasche e le loro pance. Ci sono però anche persone che invece si adoperano senza nulla in cambio, solo perchè sentono questa responsabilità verso chi non riesce, persone che mettono a rischio e a volte danno la loro vita a favore di ideali e per proteggere i più deboli, e sono persone come noi e che vivono in mezzo a noi, non hanno ali e non hanno aureole sopra la testa, persone che non amano definirsi eroi, ma che sono piene di quella forza chiamata amore, l’unica forza che può spostare le montagne e può contrastare le guerre, e così… la frase è nata!
“Crescere è ciò che voglio per migliorare me stesso, per superare ogni scoglio, crescere è quel che chiedo per affrontare la vita e amare quel che vedo”: versi che si presentano da soli, che hanno una forte percezione della realtà e della vita, come ti senti cresciuto oggi se ripensi agli inizi della tua carriera?
Tantissimo, mi sento cresciuto tantissimo e pronto per affrontare i grandi palcoscenici della vita, sia quelli musicali, sia quelli mediatici, che quelli idealistici. Amare ciò che vediamo non è sempre facile, forse lo fanno i santi ed io Santo non lo sono, anzi, mi definisco un peccatore perché sicuramente ho tanti difetti secondo la legge della Chiesa, secondo la legge di Dio ne ho molti meno, ma non sono ugualmente santo ne voglio esserlo. Credo solo che ognuno ogni giorno abbia una possibilità verso tante cose, ma la più importante è verso se stessi, cercare ogni giorno di essere persone migliori per poter affrontare al meglio le situazioni più o meno pesanti che fanno parte della vita e sopratutto, per cercare di essere un’artista sempre più vero e migliore, per cercare di andare il più possibile dentro me stesso, per trasformare il giudizio in qualcosa di positivo da presentare al pubblico, e per farlo è importante crescere ogni giorno!
Come è nata la collaborazione con Krapach nel brano “La coscienza”?
Io da sempre credo nelle collaborazioni, prima dei miei concerti spesso diamo spazio a volti nuovi per potersi esibire davanti ad un pubblico abbastanza numeroso come quello che mi segue. Durante la registrazione del disco Filippo Montesi ha accennato al fatto che in quel brano poteva essere carino inserire un paio di voci liriche, oppure una voce rap, una voce giovane, di quelli che oggi hanno voglia di parlare e farsi ascoltare. Abbiamo fatto una piccola selezione con dei provini e Krapach ci è sembrato perfetto per ciò che pensavamo di realizzare. Il mio testo era giusto per le sue idee e la musica per le sue corde e così è entrato nel disco.
In “Perché” rivendichi l’importanza di continuare a sognare nonostante tutto, qual è un tuo sogno adesso?
Probabilmente mi ripeterò, ma il mio sogno è quello di acquistare una popolarità che mi permetta di esprimere e portare un messaggio a più persone possibile, non solo attraverso le canzoni, ma attraverso il modo di cantarle. Nei nostri concerti, a detta di quasi tutti, c’è un’energia coinvolgente, e a noi piace mischiare musica con poesia o riflessioni o suggerimenti, mi piacerebbe essere il nuovo Augusto Daolio, quella figura di cui ci si può fidare, e io sarei pronto per questo passo e ho la certezza che non tradirei mai la fiducia del pubblico a discapito di denaro o altre cose, accetterei alcuni compromessi, ma solo alcuni e che siano in linea con ciò che dal palco sensibilizziamo, altrimenti saremmo buffoni come tanti.
In “Prima o poi” canti “io l’ho capito bene cosa c’è dentro la gente, un cuore di metallo ed una lingua di serpente” a contrapporsi con “Io sono un cuore puro con un animo sincero”, come pensi sia possibile scampare alla resa dei conti di coloro che “prima o poi vorranno tutti la tua testa”? Il cuore puro e l’animo sincero sono armi imbattibili per te?
Questa canzone ha una lunga storia; tutto nasce da un mio caro amico che mi diceva: eh Casabianca, tu sei un leader, ma ricorda che prima o poi tutti vogliono la testa del leader. All’inizio era un gioco, ma poi, passo dopo passo, quando la mia popolarità nella città in cui vivo diventava sempre maggiore, quando alcune persone dell’associazione che avevo fondato iniziavano a mettere dubbi o parlare alle spalle, quando le persone della comunità o persone sconosciute iniziavano a dare giudizi ed entrare sempre più violentemente nella mia privacy e quando alcuni episodi me ne hanno dato conferma, ho ricordato le parole di questo amico ed è nato il brano. “Io sono un cuore puro con un animo sincero” beh, sembra una frase presuntuosa, ma in realtà io mi sento cosi ed è chiaro che è anche una sorta di provocazione proprio per quelle lingue di serpente.
Hai iniziato a cantare da giovanissimo, qual è stata la miccia ad accendere la tua fiamma per farti intraprendere la carriera artistica?
Da bambino mi affascinava tremendamente il teatro, ogni volta che nella mia parrocchia o in quelle limitrofe si esibiva qualcuno, pregavo i miei genitori perchè mi accompagnassero o a volte ci andavo anche da solo. Poi crescendo in un posto come Rimini, pieno di turisti (e di turiste), mi son reso conto che la chitarra dava ottime possibilità di conoscenza ed era una cosa che affascinava, quindi devo dire che il far colpo sulle donne è stato il motivo per cui ho imbracciato una chitarra; poi però, con la chitarra iniziano ad arrivare melodie, curiosità, emozioni, e sopratutto si accende una fiamma chiamata arte che fortunatamente in me non si è mai più spenta.
Quale momento della tua carriera, fino a oggi, ricordi con più emozione?
Non saprei; ce ne sono diversi che mi hanno emozionato tantissimo e ne cito un paio; uno è sicuramente l’apertura del concerto di Zucchero Fornaciari a Parma, l’altro un concerto a scopo benefico per una parte di persone disagiate della Cambogia, ma se devo sceglierne uno direi il concerto che ho fatto voce e chitarra per 500 persone tra le più povere della Cambogia e davanti alle autorità Cambogiane, è stato un momento davvero meraviglioso ed emozionante.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Assolutamente portare avanti parallelamente musica e teatro, cercare di fare in modo che questo ultimo disco venga ascoltato da più persone possibile e continuare a scrivere e portare messaggi positivi a questa nazione, cercare di sostenere le parti più indifese per dar voce a chi non ha voce, e mi piacerebbe tantissimo fare radio. Ho già avuto qualche esperienza che ha funzionato e mi ha entusiasmato da matti, poi come progetto ho intenzione di raccogliere fondi attraverso la musica per dar vita ad un villaggio in cui giovani e anziani possano godere di ogni forma d’arte che possa portare nutrimento e creare un luogo in cui è lei, l’Arte con la A maiuscola a farla da padrona, accompagnata dalla meritocrazia per sostenere anche i liberi professionisti che vivono e mantengono i figli o loro stessi prorprio attraverso la scelta artisctica.
Roberta Usardi
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