“2021” è il disco d’esordio della cantautrice lucchese Adelasia – La recensione
L’11 ottobre è uscito “2021”, disco d’esordio di Adelasia, giovane cantautrice lucchese trasferitasi a Roma. Il disco, sotto l’etichetta Sbaglio Dischi e distribuzione The Orchard, comprende nove brani inediti scritti interamente dalla cantautrice. Si tratta di ricordi di adolescenza, che il titolo dell’album racchiude attraverso il numero civico della sua casa d’infanzia, “2021” non è quindi un riferimento al futuro, bensì al passato. Ma andiamoci più a fondo.
“Acqua” è l’immagine che Adelasia sceglie a simboleggiare il tempo che scorre, “ne è passata davvero tanta di acqua sotto i ponti, non me ne ricordo neanche un po’” in un viavai di ricordi. Intorno alla voce la musica è soffusa e circolare.
“Imprevisto” è un brano intenso nella melodia, con una lieve vena blues in alcuni passaggi e un testo che si pone domande sulla casualità e su eventualità non accadute: “ma io che se sto sola mi perdo, avessi avuto un po’ di tempo che non ho, saresti il mio imprevisto”.
“Camera mia” è una dolce canzone d’amore in cui i versi sono i ricordi, sottoforma di polaroid appese in “camera mia”, di un amore / dipendenza che si è trasformata in ossessione.
“Controcorrente” indaga sui dubbi dell’adolescenza e la confusione di quel momento perché non è ancora chiara la strada da percorrere o come vivere il presente, perché serve altro. “Ed è per questo che scrive sopra a un muro dove cazzo è il mio futuro, non riesce a immaginarlo, ma ci vorrebbe andare, controcorrente”.
“Meglio soli” è un invito a seguire i propri intenti senza preoccuparsi perchè la compagnia non è necessaria se non è buona; nelle strofe si gioca molto sul gioco degli sguardi tra due persone che, in un modo o nell’altro riusciranno a trovarsi.
“Aliena” parla di uno stato estraniazione consapevole, in cui viene palesato nei versi “sapevi che volendo tu ne saresti uscita, ma non facevi niente, ti piaceva esser compatita” perché tale era la condizione, comoda nonostante fosse patologica.
“Umido” inizia con piano e voce, un lento, in cui si parla di depressione “hai scritto righe bianche su buchi neri” cercando di trovare pensieri che possano alleviare uno dei sintomi, l’insonnia.
“Passato remoto” è riferito all’odore del mare di ottobre che accompagna i ricordi: “e pensi a quanto è dolce il mare, ti accoglie fra le sue braccia senza giudicare” che nasconde una storia d’amore finita là dove c’era quel mare.
“Valerio” è una storia scritta su un muro che viene identificata grazie a Google, la storia di un ragazzo che è morto a 20 anni, resa in musica con un arrangniamento semplice, con la tastiera distorta e la voce sulle note di un testo sentito e poetico.
Un esordio interessante e promettente, ogni canzone ha in sè qualcosa che ad ogni ascolto si rafforza, un viaggio piacevole in un’età che, vicina o lontana che sia da chi ascolta, suscita emozione.
Roberta Usardi
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