“RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE” AL PICCOLO BELLINI DI NAPOLI
Una donna araba che guarda il mare di questi tempi è una bellissima immagine di speranza e futuro, sguardi verso l’orizzonte, immagini di mondi e futuri possibili, pensieri di chi sta in pace con se stesso. Tutte le premesse possibili per uno spettacolo che si è dimostrato tutt’altro, una perfetta messa in scena dal sapore claustrofobico e ansiogeno.
Il teatro è finzione, è racconto, il regista Claudio Autelli mette subito le cose in chiaro mostrandoci gli attori che, prima ancora dello spettacolo, parlano tra di loro, si allenano, si preparano ad andare in scena. Non è vero niente, sembra suggerire il regista. Lo spettacolo “Ritratto di donna araba che guarda il mare” di Davide Carnevali è strutturato come un gioco di società. Così nella splendida e raccolta sala del Piccolo Bellini – dove resterà in scena fino al 31 marzo – al centro, sul palco, c’è un plastico e dei personaggi si muovono attorno alle mura di una città vecchia mediorientale. Gli attori per lo più fermi, come se stessero provando, sempre a sottolineare che niente è vero, dentro e fuori dal teatro, mettono in scena il copione mentre Giulia Viana, bravissima nei panni di un ragazzino, muove una telecamera e riprende particolari del modellino, stanze, camere da letto, vicoli e vetrine dei negozi che faranno da scenografia allo spettacolo diventando però al tempo stesso nuovo e principale attore, facendo sentire la presenza ingombrante della città, del luogo in cui si vive. Gli attori parlano tra di loro, si raccontano e si buttano addosso parole. Tantissime parole per uno spettacolo che parla di incomunicabilità, di cose non dette o dette male. Nessuno capisce quello che stiamo dicendo – dice la donna Alice Conti all’uomo Michele Di Giacomo. Una frase che viene ripetuta più volte come un mantra perché tutti noi possiamo renderci di quanto è vero. Possiamo guardarci negli occhi tutta una vita e poi arrivano le parole a rovinare tutto. È una storia d’amore quella che viene messa in scena, tra una donna araba e un uomo occidentale. Tra le strade della città l’uomo si muove veloce incontrando gli sguardi degli abitanti e il fratello della donna Giacomo Ferrau. I due si innamorano, è l’incontro di due culture diverse, uno scontro tra luoghi comuni e dati di fatto.
Le parole ci dicono molto ma nessuno capisce quello che stiamo dicendo, ci vengono vomitate addosso. Ricostruiamo tutto come in un puzzle, mettiamo a posto i pezzettini e cerchiamo di dargli un significato altro. Uno spettacolo che è l’incontro tra mondi diversi, Oriente e Occidente ma soprattutto uomo e donna, uomo e uomo, individuo e individuo. Non c’è speranza, siamo destinati a non capirci mai. L’incomunicabilità fa da padrona.
Antonio Conte