Silvia Calderoni al Festival delle Colline Torinesi

MDLSX. Senza vocali. Non hai ancora letto la scheda di sala, ma la parola Middlesex solletica un ricordo: il libro di Eugenides. No, non le vergini suicide, il secondo che ha scritto e che gli è valso il Pulitzer nel 2003. Lo spettacolo parte da lì, dalla Calliope pseudoermafrodita cresciuta come una femmina per via di una diagnosi mancata. E poi ci si sposta sulle identità di genere. Siamo sempre al Festival delle Colline Torinesi, questa volta al Teatro Astra, dove pochissime poltrone non sono occupate. Due repliche: domenica 30 e lunedì 31 ottobre Lo spettacolo è della compagnia Motus. In regia ci sono Enrico Casagrande e Daniela Nicolò. Sul palco c’è Silvia Calderoni, che ci racconta i confini del corpo, la fuoriuscita dalle categorie, la trasgressione. La scheda di sala è un triangolo fucsia e si apre a piramide: si parla di aggredire le consuetudini percettive. Viscerale, volgare, frenetico, lirico, lisergico, MDLSX unisce la fiction all’autobiografia di un’attrice, Calderoni, perfetta per il ruolo anche per via della sua androginia in stile Tilda Swinton. Il testo segue i ritmi di alcune canzoni scelte con molta cura: Despair degli Yeah Yeah Yeahs, Step dei Vampire Weekends, River di Ibeyi, One hit dei The Knife. E ancora: In the room where you sleep dei Dead Man’s Bones, Road to nowhere dei Talking Heads, Nancy Boy dei Placebo. E, immancabile, Coin-Operated Boy dei Dresden Dolls. E poi si citano Donna Haraway, Paul B. Preciado, Judith Butler. E finanche la medicina, come quando si prende in esame il concetto di ipospadia, la malformazione congenita per cui l’uretra non si sviluppa in modo corretto, da cui deriva un pene rivolto ventralmente.
MDLSX è la confessione, l’ammissione, il coming out urlato e sguaiato. Proiettata in un cerchio, Calderoni bambina canta al karaoke, poi adolescente spiega quanto le piacciano gli Smiths. È una ragazza ed è un ragazzo, la dualità come identità. È un maschio ma pure una sirena. Della scena rimane impresso il grandissimo tappeto, anch’esso triangolare, posto al centro. Tutto confluisce in un manifesto politico: i gesti, le citazioni, le musiche, i filmini. L’intersessualità diviene un mezzo attraverso il quale liberarsi dalla categoria: rimane l’individuo cangiante, mutevole, istrionico. Calderoni porta avanti un monologo tentacolare di aneddoti, descrizioni e riflessioni: il vortice di informazioni si dipana e s’ingarbuglia, come un cuore che batte. È lei il centro dell’azione, sembra regista di sé, affronta il tema con una scioltezza piacevolmente tracotante. Perché è finito il tempo delle richieste, dei riformismi: ora ognuno urlerà la sua verità.
Davide Maria Azzarello