La rappresentazione: quel che vogliamo vedere e quel che siamo

Romana Petri, l’autrice romana, torna con “La rappresentazione” (Mondadori, pp. 406, euro 20), e ci porta ancora una volta tra Lisbona e Roma, con la famiglia che già abbiamo imparato a conoscere in “Pranzi di famiglia”.
Famiglia portoghese
“E poi c’era il suo passato con tre donne che non facevano che litigare, una sorella sfortunata, una sorella che quasi invidiava la sfortuna dell’altra perché aveva tutte le attenzioni della madre, e una madre sfinita, depressa, che viveva di Lexotan, che si chiedeva in continuazione perché tutto quello sfacelo fosse toccato proprio a lei. E a volte, al culmine del dolore, era capace di guardare i suoi tre figli con un occhio che li trapassava, come se a far finta che non ci fossero potesse trovare un po’ di ristoro. E poi c’era suo padre, il Dinosauro, l’uomo di successo che solo del suo successo parlava. Quel pavone con la ruota sempre aperta, soprattutto davanti ai suoi figli, soprattutto davanti a Vasco.”
Vasco, Rita, Joana, i fratelli, Maria Do Ceu, la madre ormai scomparsa, ma che vive nei ricordi e nei frammenti di racconto, Tiago, il padre che la famiglia l’ha abbandonata, incapace di affrontare le difficoltà, sposandosi con Marta.
Eccola la famiglia portoghese, quella che Luciana Albertini, pittrice italiana, moglie di Vasco, dipinge, facendola apparire come mostri e rendendo ancora più profonda una crepa familiare già in atto, da sempre. E se quella del quadro è una rappresentazione, lo è anche quella della vita reale di questa famiglia che non trova pace tra gelosie passate e presenti, matrimoni difficili, dipendenze economiche, quelle di Joana e Vasco dal padre, e soprattutto frustrazioni per quel che si è, per quel che non si è e si vorrebbe essere.
“In quella famiglia sembrava sempre che tutti interpretassero un ruolo imparato male, ma che non sapessero nemmeno più essere se stessi perché quello, forse, non l’avevano imparato mai.”
Equilibrismi
Romana Petri riprende la narrazione da dove l’aveva lasciata con “Pranzi di famiglia”. Però mentre lì dà a intendere un certo equilibrio almeno tra Vasco e la moglie Luciana, in contrapposizione con lo “squilibrio” della famiglia di Vasco, qui la Petri sviscera il rapporto proprio tra i due, i suoi dislivelli, in un equilibrismo che vede Vasco in lotta tra la sua vita in Italia e quella in Portogallo, tra la sua indolenza, e i tentativi di reagire. Vasco finisce col far emergere quella invidia e frustrazione così tipiche delle sue radici, rompendo la rappresentazione di quel che pensava di essere, e scoprendosi parte integrante della sua famiglia di origine, fatta di molta forma e poca sostanza, e quella sostanza che c’è è per lo più inquinata.
“Si erano creati delle leggi che erano diventate puntelli affettivi. Se si sta insieme nelle date fondamentali la famiglia si può considerare unita. Se durante i pranzi non si scambia una parola e si dicono solo banalità non ha nessuna importanza, quel che conta è che non ci siano intoppi (cosa per oro difficilissima), e se tutto fila liscio fino alla fine quello sarà considerato da tutti un pranzo ben riuscito.”
La rappresentazione
I quadri di Luciana sono un po’ la chiave di volta del libro, dipinti a cui l’attento osservatore può dare molteplici interpretazioni. Un po’ come nella famiglia portoghese di Vasco, un po’ come tra lei e Vasco. E un po’ come in tutti i rapporti, che col tempo mutano e fanno emergere lati che prima non si erano visti perché celati dietro una rappresentazione, più o meno conscia.
In questo grande quadro che ci mette davanti, la Petri definisce i personaggi e li rende riconoscibili, umani, ripetendo spesso le stesse frasi e gli stessi concetti legati tanto ai sensi di colpa quanto ai gusti di ognuno. Mette su carta i pensieri interiori dei personaggi e ce ne fa vivere le sensazioni più profonde, trascinando tutti in mezzo a quelle che sono “tante isole. Tanti vasi incomunicanti che ragionavano ognuno con la sua terra e l’acqua che li bagnava”.
Laura Franchi