Intervista alla compagnia I nuovi scalzi, in scena alla Cittadella degli Artisti con “Il sogno di Shakespeare”
Figlio di una pandemia trascorsa nelle campagne della cittadina termale di Margherita di Savoia e della voglia di rimettersi in gioco e di sporcarsi le mani, lo spettacolo “Il Sogno di Shakespeare” prende vita attraverso l’indiscutibile maestria di attori che, venuti da ogni parte del mondo, hanno deciso di sfidare ogni avversità per misurarsi con una nuova avventura e sfida artistica e drammaturgica. Savino Maria Italiano, regista dello spettacolo “Il sogno di Shakespeare” e fondatore della compagnia I nuovi scalzi di Barletta, si racconta e ci racconta le radici della sua compagnia e dello spettacolo del drammaturgo inglese.
Raccontaci qual è stato il percorso che ha portato alla creazione della compagnia I nuovi scalzi e la genesi dello spettacolo “Il sogno di Shakespeare”.
La compagnia si fonda da un’idea che è emersa durante lo studio della Commedia dell’Arte con il maestro Claudio De Maglio e, dopo questo percorso veramente intensivo di circa tre anni ho fondato la compagnia I Nuovi Scalzi con Olga Mascolo e Ivano Picciallo, e successivamente è arrivato anche Piergiorgio Savarese. Tuttavia, la realtà barlettana risultava troppo stretta, quindi abbiamo deciso di affacciarci al mercato internazionale e collaborare con compagnie di tutto il mondo. Una caratteristica della compagnia è la capacità di coinvolgere tutti gli artisti di diverse nazionalità rivolgendosi non ad un pubblico di nicchia, ma a tutti e per tutti, ed è anche una peculiarità della Commedia dell’Arte di arrivare e d’interessare tutti.
Shakespeare è inglese, come mai una collaborazione con un teatro francese, e quindi una riscrittura in francese dal titolo “Le Songe de Shakespeare”?
Il teatro è che un linguaggio universale che abbraccia tutti indipendentemente dalla lingua, poiché coinvolge l’espetto fisico-emotivo, la maschera permette di arrivare ad ogni tipo pubblico, e si concentra su ciò che succede in scena. Non utilizziamo sottotitoli, è sufficiente tradurre qualche parola chiave per rendere comprensibile tutto quello che succede. Abbiamo mantenuto qualche parte in francese nella versione italiana de “Il sogno di Shakespeare”, poiché ben si calava nel personaggio. Attualmente, collaboriamo molto con il Belgio e abbiamo partecipato al Festival d’Avignon off 2018 e 2019, Festival Internazionale di teatro di Mont-Laurier e Les Baladins du Miroir una compagnia belga di teatro itinerante.
I costumi e le maschere di scena molto particolari e dettagliate. Come mai? Da dove nasce questa esigenza? Le scarpe o meglio gli anfibi degli attori ricordano vagamente gli anfibi di Arancia Meccanica, effetto voluto o casuale?
I costumi sono il risultato di un lavoro corale e di sinergia tra tutti gli artisti che fanno parte della compagnia e che collaborano con quest’ultima. Il nostro non è un lavoro a porte chiuse, ma è sempre influenzato dalle idee e dalle intuizioni di tutti, non sono decisione esclusivamente registiche. I costumi di scena vogliono riprendere quell’idea di antico, ma non in maniera evidente, solo ricordarlor e ritornare poi al moderno e contemporaneo. Non sono due idee che si escludono a vicenda, ma che si uniscono per dare un nuovo effetto in scena. Riprendono anche un po’ l’idea di questi vestiti indossati da delle persone che abitano in carovane e che si spostano continuamente.
Il cast dello spettacolo: vi siete cercati o trovati? Si tratta di artisti e artiste con cui hai già avuto modo di lavorare?
Non prediligo i casting, poiché è qualcosa che non mi appartiene e non riesco a capire l’artista in tutta la sua globalità. Preferisco vederlo in scena e lavoraci insieme, infatti lo spettacolo “Il sogno di Shakespeare” è nato proprio a Molfetta alla Cittadella degli Artisti durante un progetto. Successivamente, durante il covid, abbiamo sentito l’esigenza di ritrovarci e lavorare insieme, cosi gli altri artisti sono arrivati in Puglia, chi dal Belgio, chi da Parigi per poter dar vita allo spettacolo.
Progetti e sogni futuri.
Con Olga Mascolo abbiamo pensato di dare spazio alla leggerezza e alla fantasia, caratteristiche tipiche dell’infanzia, cosi è nato l’ultimo spettacolo con le coreografie di Giorgio Rossi, un omaggio alla spensieratezza del vivere. C’è è anche il progetto di questo camion che diventa palcoscenico, il Truck Theatre. Il nostro teatro viaggiante nasce per realizzare in modo agile e sostenibile ogni sorta di spettacolo, in qualsiasi posto si voglia. A ottobre dell’anno scorso, presso il castello di Barletta, in collaborazione con la compagnia belga Troubley Jan Fabre, abbiamo realizzato il progetto formativo dal titolo “Jan Fabre Teaching Group, con l’obiettivo di realizzare di un workshop di 10 giorni con i formatori di grande spessore come Pietro Quadrino e Stella Höttler della compagnia di Jan Fabre e un meeting con il Maestro Jan Fabre presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Quest’anno vorremmo riproporre questa grande opportunità per il nostro territorio e investire nella formazione di artisti e artiste.
Lucia Amoruso