“INSEGNARE LIBERTÀ. STORIE DI MAESTRI ANTIFASCISTI” DI MASSIMO CASTOLDI
Quando nel 1931 il regime fascista impose un giuramento di fedeltà ai professori universitari, su un totale di oltre milleduecento accademici, furono soltanto dodici quelli che si rifiutarono. Tra questi, a ragione, sovente si ricordano i nomi celebri di Giuseppe Antonio Borghese, Aldo Capitini e Gaetano De Sanctis (docente di Storia Antica presso l’Università degli Studi di Roma).
Se la reazione al Fascismo del mondo universitario, in massima parte tristemente soggiogato e assoggettato, è una pagina ben nota della storia della cultura italiana durante il Ventennio, minore attenzione è stata data all’effetto che l’indottrinamento del totalitarismo ebbe sui gradi più bassi dell’istruzione. Il libro di Massimo Castoldi, “Insegnare libertà. Storie di maestri antifascisti”(Donzelli Editore, 2018, pp. 169, euro 23)), si inserisce in questo filone d’indagine e si propone di indagare le scelte e le strategie antifasciste dei maestri di scuola elementare. Una ricerca in tal senso risulta interessante non solo perché aggiunge un tassello alla nostra conoscenza storica, ma perché comprende e valuta lucidamente il ruolo che l’insegnante della scuola primaria ricopriva nell’Italia della prima metà del Novecento. In una nazione formatasi politicamente soltanto di recente, e ancora ben lungi dall’aver completato un processo di unificazione culturale, i maestri elementari hanno avuto il compito di forgiare un sentimento patriottico da infondere nelle nuove generazioni; inoltre, si sono trovati a stretto contatto con i problemi delle comunità in cui vivevano, dai drammi sociali, alla precarietà delle condizioni igienico-sanitarie. Il Fascismo ha sagacemente intuito il ruolo chiave giocato da questa figura e ha sempre considerato tra le sue priorità la formazione elementare dei bambini, futuri cittadini, ma soprattutto futuri guerrieri della Nazione. L’impronta belligerante impartita da questa retorica ha privilegiato volutamente alcuni insegnamenti: la storia, opportunamente deformata o deformabile, paradigma di esempi di abnegazione dell’individuo e di ineluttabilità della lotta tra i popoli e l’educazione fisica, quasi un addestramento paramilitare. La determinazione del regime nel perseguire il proprio folle ideale didattico si vedrà nella brutale repressione di ogni forma di osteggiamento, ribellione, o esercizio del libero pensiero critico da parte dei docenti. I modi in cui i maestri hanno insegnato libertà e il duro prezzo che hanno pagato sono il filo rosso che collega i dodici profili biografici proposti dall’autore. Si tratta di personaggi ben diversi, uomini e donne, cattolici, socialisti, o comunisti, che hanno agito in contesti regionali differenti e che hanno messo in atto reazioni antifasciste diverse, più o meno forti, più o meno scoperte, che hanno condotto alcuni di loro a una morte violenta.
Come dichiara l’autore, un desideratum sarebbe un approfondito lavoro di indagine e di censimento sui maestri e sulle maestre oppositori e vittime del Fascismo. Questo saggio, intanto, piacevole alla lettura e autentico nei contenuti, fa da pioniere e inizia pian piano a fare luce su una pagina oscura della nostra storia nazionale.
Lorenzo Sardone