Imperatrice di un mondo che non c’è più
Liliana Nechita nella sua “L’imperatrice” (Fve Editori, 2021, pp. 187, euro 15) ci porta alla scoperta di un mondo antico, rurale, cadenzato da piccoli rituali lontani dalle logiche politiche e urbane che forse oggi in pochi conoscono e alcuni, forse, rimpiangono.
La Nechita fa raccontare quel mondo a Olga, contadina a capo di una famiglia matriarcale e detentrice di antichi saperi. Una donna forte, risoluta che, se solo avesse studiato, sarebbe diventata un’imperatrice ma che gli eventi della vita hanno relegato in una casa dove, nonostante due mariti e cinque figli, vive da donna sola. Olga si rivela attraverso i dialoghi con sua nuora, una ragazza venuta dalla città ma vicina e curiosa di conoscere una realtà diversa da quella in cui è cresciuta. Una realtà che lascia poco spazio ai sogni, dove la felicità spesso era una chimera e la vita stessa era solo un susseguirsi di cose da fare e altre che aspettavano di essere fatte. Realtà farcita da concretezza, dove l’amore lascia il passo all’esigenza di sopravvivere. È questo il motivo che spingeva le ragazze a sposarsi del resto, ed è per continuare a sopravvivere che le donne dovevano aver ben chiaro i doveri di una brava moglie. L’amore, quello fatto di effusioni e romanticismo, era qualcosa da tener chiuso fra le mura domestiche; il prendersi cura invece, quello sì, andava mostrato.
Liliana Nechita, già autrice di altre opere di impegno civile e, insignita nel 2013 del Premio Donna dell’anno per la promozione e la difesa dei diritti delle donne, omaggia con questo libro i valori della vita contadina, da cui molti giovani scappano, attratti dal caos delle città convinti che, là dove vanno a stare, la vita sarà migliore. Con una prosa scorrevole e delicata la Nechita dà voce agli “ultimi”, a chi decide di restare nel porto sicuro nonostante fare il contadino non sia più di moda, a quanti insomma, rifiutano di far parte di chi preferisce comprare anziché produrre. La sensazione che lascia il libro è simile a quella che si prova nell’ascoltare i racconti dei nostri nonni, cresciuti in un mondo antico dove il lavoro era sicuramente duro ma profumava di dignità.
Sara Pizzale