“IL RACCONTO D’INVERNO” DIRETTO DA ANDREA BARACCO AL TEATRO CAIO MELISSO DI SPOLETO
Dopo “Il Maestro e Margherita”, il dall’11 al 13 febbraio, Andrea Baracco è tornato di nuovo a Spoleto al Teatro Caio Melisso per firmare la regia de “Il Racconto d’Inverno”. Cimentatosi nella reinterpretazione di grandi classici del teatro, il regista ha trasformato uno degli ultimi titoli della produzione shakespeariana in una favola nera. Baracco non dà un’impronta definita a quest’opera e proponendo diversi generi teatrali, dal dramma pastorale al gioco favolistico, fa sì che sia lo spettatore a interpretarla come desidera.
E lo spettatore rimane rapito dalla voce mormorata fuori campo di Adriano Baracco, che fa narrare a Mamilio, figlio di 8 anni di re Leonte, impersonato da un pupazzo, questa storia fantastica dove si incontrano un clown, un orso affamato, una statua che prende vita, una principessa che crede di essere una contadina, un principe che vorrebbe essere un pastore. Il racconto ci mostra quali possano essere gli effetti quando un marito, in questo caso Leonte, re di Sicilia, ritenga che sua moglie, Ermione, lo tradisca con il suo amico Polissene, re di Boemia.
A interpretare questa intricata storia di gelosia, sospetto, rivelazioni e riconciliazioni sono i 9 attori della Compagnia dei Giovani del Teatro Stabile dell’Umbria: Mariasofia Alleva (Ermione), Luisa Borini (Paolina), Edoardo Chiabolotti (Florizel), Jacopo Costantini (Antigono, Autolico), Carlo Dalla Costa (Polissene), Giorgia Filippucci (Emilia, Pastora), Silvio Impegnoso (Camillo), Daphne Morelli (Perdita), Ludovico Röhl (Leonte).
Le scene e i costumi, curati da Marta Crisolini Malatesta con la collaborazione dei suoi allievi della Scuola di scenografia dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia sottolineano ancor più l’atmosfera nefasta. La scenografia infatti si presenta essenziale, minimalista, e l’ambiente scuro e scarno. Il tono lugubre è maggiormente enfatizzato quando nella scena rotolano dei teschi.
Mai come ne “Il Racconto d’Inverno” Baracco ha reso l’ambiguità del mondo in cui viviamo, legando indissolubilmente il comico al tragico dove l’uomo è vittima della sua follia.
Michela Bruschini