“Geopandemia” – Le riflessioni di Salvatore Santangelo
L’attuale pandemia, come tutti gli avvenimenti imprevisti e devastanti, rappresenta una sfida che potrà aprire nuove e inaspettate prospettive, se solo gli Stati sapranno raccoglierla e gestirla adeguatamente. Una sfida in un mondo globalizzato, in cui il comportamento del singolo produce effetti su quelli degli altri in un processo di interazione continuo, in cui le decisioni individuali non sono sufficienti a determinare il corso degli eventi, ma diventa necessario prevedere anche le mosse dell’altro. Salvatore Santangelo in “Geopandemia” (Castelvecchi, 2020, pp. 64, euro 12,50), per suffragare le sue tesi, non richiama solamente eventi storici, più o meno lontani nel tempo, ma si serve altresì di una serie di modelli interpretativi matematici.
Una correlazione di tal genere è quanto mai attuale nella gestione dell’odierna pandemia, in quanto essa, oltre a mostrare la stretta interrelazione tra i cittadini di tutti gli Stati, richiede lo sforzo di ognuno in vista del benessere di tutti. L’autore, tuttavia, guarda al futuro, alla situazione in cui si troverà il mondo, una volta finita l’emergenza sanitaria, in quanto la pandemia porterà inevitabilmente a una ridefinizione dei rapporti di forza a livello internazionale. Ecco perché – insiste l’autore – non bisogna lasciarsi trovare impreparati. Anche se viviamo nell’era della globalizzazione ci sarà bisogno dello sforzo di ogni singolo Stato “sulla base di valori e principi identitari”. L’Italia, in particolare, deve riscoprire quei valori materiali e immateriali che le hanno permesso di diventare un grande paese industrializzato: industria legata ai territori, buona finanza di impresa, nuove forme di coesione che vadano oltre il vecchio Stato sociale.
Non gioca a favore della nuova ripartenza il fatto che – nota l’autore con un riferimento polemico al ’68 – il nostro paese abbia abbandonato i “principi della disciplina, dello studio, dell’abnegazione come motore di crescita”. Sarà in grado di reggere questa sfida? A tal proposito ritorna prepotentemente alla ribalta il problema educativo, perché il capitale di cui oggi abbiamo maggiormente bisogno è il “capitale umano”.
Anna Pia Ricci