Fotografie dinamiche del New Queer Cinema: Orlando racconta
Buio. Tre tende semitrasparenti lasciano intravedere un’unica figura vestita di nero. Ombra nell’ombra. Una voce metallica, come Jarvis per Iron Man, ci spiega che si tratterà di uno spettacolo interattivo: talvolta saremo chiamati a dare la nostra opinione su alcuni temi politici – per lo più all’interno del filone dei diritti civili – votando con le palette verdi che sono state sistemate sulle sedute. Come ad un’asta, come da Milly Carlucci, come se i pensieri dei singoli contassero.
Queer Picture Show, è questo il titolo del testo di Francesca Puopolo e Irene Dionisio, qui anche regista, col quale si restituisce allo spettatore un’idea, una sensazione, uno squarcio su quello che è stato il New Queer Cinema attorno agli anni Ottanta e Novanta, e quindi Poison di Todd Haynes, Belli e dannati di Gus Van Sant, Edoardo II di Derek Jarman. Una corrente che poi si è evoluta ed è arrivata sino a questo presente, con film come Carol, sempre di Haynes, o Milk, di nuovo di Van Sant. E con i più giovani, come Xavier Dolan. Sugli schermi dello spazio scenografico, infatti, si muovono dei frammenti di pellicole che dovremmo aver visto, anche se certo non passeranno facilmente su Canale Cinque, e che s’intrecciano al monologo dell’unico personaggio in scena: c’è Quentin Crisp nei panni di Elisabetta I, e quindi l’Orlando di Tilda Swinton, poi le tre pazze di Priscilla la regina del deserto si esibiscono in qualche sperduto baretto dell’Australia rurale, Fassbinder, e infine quella scena pazzesca di Laurence Anyways, in cui Melvil Poupaud avanza a rallentatore fra una pioggia di indumenti variopinti. E ancora due uomini che ballano: dev’essere un video antichissimo, perché si tratta di cinque secondi ripetuti in loop. E così via. Il testo, intanto, affronta e sviscera una parte di quel mondo che oggi definiamo queer e che etimologicamente sarebbe qualcosa fra lo strano e il diagonale. A guidarci, Giovanni Anzaldo, nel 2010 Premio Ubu come miglior attore under 30 per Roman e il suo cucciolo di Alessandro Gassman. Devoto, vigoroso, capace. È un narratore, ma è anche l’Orlando di Sally Potter, che non è mai morto né invecchiato e che è giunto sino a noi e ora ci illustra, ci insegna, ci ricorda, come un Virgilio, come un mentore. Litiga con l’intelligenza artificiale che si occupa dei sondaggi, e si chiede cosa ci facciamo su questa terra se siamo condannati ad essere diversi, ambigui, traversi. Ma le cose cambiano, no? Per certi versi, sì, certo. Cambiano. Forse mutano anche perché qui siamo chiamati a dire la nostra. Forse se ci inventiamo tanti spazi in cui promuovere le nostre idee… Votiamo, ma probabilmente c’è un bug nel sistema, nel senso che le domande risultano faziose, dividono, il che potrebbe anche essere un tono voluto. Quindi le cose cambiano, certo, come nel Gattopardo. Poi è chiaro, ognuno può trarre le proprie conclusioni. L’importante è conoscere, emanciparsi, accettare. E questo spettacolo ce lo dimostra.
Queer Picture Show è andato in scena nel teatro di Off Topic, Torino, da giovedì 13 a sabato 15 ottobre, ed è stato inserito nel programma del Festival delle Colline Torinesi, che quest’anno compie ventisette anni.
Davide Maria Azzarello