“Fino all’inizio”: lo stretto indispensabile
Nove ore e venticinque minuti, il tempo necessario per arrivare a destinazione, un tempo utile per ritrovarsi o perdersi ancora una volta.
Luca è un giovane trentenne contaminato dalla paura, da una Europa martoriata dagli attentati terroristici, rischi e morte di civili che costellano i suoi pensieri più quotidiani.
Vivere nella paura, vivere nella fobia: è questo che emerge dalle parole di Alessandro Busi nel suo romanzo “Fino all’inizio” (pièdimosca edizioni, 2021, pp. 288, euro 17).
Come combattiamo la paura? Scappando? Allontanando il resto del mondo? Questa è la vita di Luca, isolato dal mondo intero, lontano dalla sua famiglia, abbandonato da Arianna, la sua fidanzata storica. Cosa resta alla fine della fiera? Un timore esistenziale che dietro ogni angolo possa nascondersi un attentato, qualcuno pronto a farsi esplodere, ecco che un viaggio in pullman si trasforma in una traversata verso la morte.
Ma a tutto c’è un’alternativa, forse gli Stati Uniti possono essere un nuovo posto dove poter ricominciare. Luca viaggerà verso gli Stati Uniti in modo singolare, ancora una volta messo all’angolo dalle istituzioni, si ritroverà in un perimetro troppo circoscritto e al buio, circondato da tutte le sue ansie e paure più vive.
È in questo frangente, in queste nove ore e venticinque minuti che avverte qualcuno accanto a lui, un corpo, un potenziale terrorista, una confidente, una giovane donna, una possibilità di rinascita, la chiave per una redenzione ormai troppo lontana.
La bomba focalizza e istruisce gli sguardi, riassume all’ennesima potenza: la bomba è un racconto fulmineo che mina le fondamenta.
La bomba è una scrittrice migliore di tutti i romanzieri dell’universo; è l’atto estremo di lima.
La lettura ci lascia con un interrogativo che lacera: quanto sono solide le tue fondamenta?
Massimiliano Pietroforte