Cosa succede quando l’avanguardia invecchia? I “Sei personaggi” di Binasco al Teatro Carignano di Torino
Portare sul palcoscenico un’opera di Luigi Pirandello non è semplice. Non intendo tanto per l’ambientazione, i riferimenti e i linguaggi naturalmente più contemporanei rispetto a un testo di Shakespeare, quanto più per la portata rivoluzionaria dei lavori di Pirandello e della sua capacità di destrutturare la forma scenica. Ed è questa la sfida che Valerio Binasco ha scelto di affrontare nei Sei personaggi in cerca d’autore, di cui cura la regia e nel quale riveste il ruolo del Padre, nell’allestimento in scena al Teatro Carignano di Torino dal 18 aprile al 9 maggio.
Il 9 maggio, ma del 1921, quando questa pièce vide per la prima volta le luci della ribalta, il pubblico era uscito dalla sala prevalentemente scontento di quello che il genio pirandelliano aveva prodotto, forse impreparato a quello shock intellettuale. Ma oggi, a poco più di cento anni di distanza, quando a quella sorpresa rischiamo di essere quasi assuefatti e Pirandello è diventato maestro di altri autori e registi che continuano a “rompere la quarta parete” teatrale, come si può ottenere un effetto avanguardistico senza cadere nella retroguardia? Come si fa a continuare a stupire quando si porta in scena quello che ormai è un classico? Binasco sceglie di avvicinare l’opera a noi, movimentando e modificando la scena sin dalla prima battuta e trasportando il pubblico nella vita di una ricca e variegata compagnia teatrale, grazie all’aiuto di un Jurij Ferrini (sempre carismatico e centrato nei ruoli che riveste) nei panni di un Capocomico, che diventa regista contemporaneo, e di allieve e allievi della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino. La scena che si costruisce sembra essere simile a quella che gli aspiranti attori vivono ogni giorno nella Scuola: tra la spensieratezza di una età giovane e intatta e le prove di altri spettacoli, come il Giuoco delle parti (citato già nella versione originale di Pirandello). Da subito si notano forti la mano e la rilettura di Binasco che nel programma di sala scrive: “I devoti di Pirandello si offenderanno un po’, ma gli passerà presto. E poi i devoti in generale è giusto farli arrabbiare, fa bene alla loro pigra intelligenza. Paradossalmente, questo è un pensiero che Pirandello potrebbe sottoscrivere”. Ma questa compagnia di aspiranti attori entra presto in sintonia con la storia che i Sei personaggi raccontano: si immedesimano, cercano di imitarne voci, atteggiamenti e aspetti, senza riuscire a interiorizzare la loro sofferenza e mettendo così a nudo il gioco del teatro. Il pathos è tenuto alto da Binasco, che sceglie di completare anche le storie che l’autore aveva solo abbozzato e che erano rimaste nell’inchiostro della penna: approfondisce la psicologia di una Madre (Sara Bertelà) distrutta e sfibrata nel rapporto con il Figlio (rappresentato da Giovanni Drago, che si cuce addosso alla perfezione quel personaggio ostile, introverso e ruvido), dà corpo e movimenti ai bambini, presi dal coro delle attrici dello Stabile. Tutti però sono bloccati nell’eterno ritorno del loro destino e della loro sofferenza, tanto da sopravvivere anche alla morte, se questa non è scritta e voluta dall’autore. Un plauso va a Giordana Faggiano nei panni della Figliastra, che con la sua interpretazione in bilico tra pazzia, dolore, manipolazione e isterismo si è liberata di ogni vincolo e ha rigurgitato il proprio personaggio sul palco attirando spesso l’attenzione su di sé. Tra i due gruppi in scena non c’è solo una distanza morale e sentimentale, ma anche temporale: i sei personaggi portano abiti in stile anni ‘20, che quindi si rifanno a quelli utilizzati dagli attori pirandelliani all’epoca della Prima, anche se la lingua che Binasco sceglie di portare in scena è attualizzata per tutti.
Il palleggio tra gli attori e i personaggi diventa uno studio unidirezionale verso il dramma vissuto: è come se i ragazzi e le ragazze analizzassero incuriositi la psicologia dei personaggi che hanno di fronte, in maniera tale da poterli rappresentare al meglio in un allestimento proprio. Il destino di chi è stato inventato e scritto da un autore non può cambiare, ma rimane un dramma: “Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere” (L. Pirandello, Prefazione, in Sei personaggi in cerca d’autore, Mondadori, Milano, 2019, p.8).
Giulia Basso
Fotografia di Luigi De Palma (la Compagnia dello spettacolo “Sei personaggi in cerca d’autore”)