“Archetype” è il nuovo album dei Coma Berenices
Il 17 aprile è uscito il nuovo album dei Coma Berenices, intitolato “Archetype” (Lumaca Dischi); la band, fondata nel 2015, è formata da Antonella Bianco (chitarra elettrica, tastiere) e Daniela Capalbo (chitarra elettrica, chitarra acustica, mandolino) ha all’attivo un EP pubblicato nel 2016, “Delight”. Questo nuovo lavoro è stato anticipato dall’uscita del singolo “Archè” unito al videoclip prodotto da Berenice Film, un team creativo milanese guidato da Marco Longo e Fulvio Lombardi.
Il nome Coma Berenices fa riferimento ad una piccola costellazione visibile nelle notti primaverili o estive quando il cielo non è inquinato; secondo il mito greco, si trova lassù da quando la regina Berenice fece voto solenne di consacrare ad Afrodite la sua bellissima chioma come pegno d’amore.
Il disco di questo duo femminile è composto da 6 brani e include la partecipazione di Gabriele Cernagora al clarinetto; le registrazioni dal vivo e il mixaggio sono state curate da Peppe De Angelis presso il Monopattino Studio Recording di Sorrento.
Per l’ascoltatore il bello degli album strumentali è lasciarsi andare alle immagini che arrivano attraverso il suono; nel caso dei Coma Berenices si tratta di musica leggera con un impatto sonoro avvolgente e positivo. I titoli dei brani e dell’album stesso aiutano a calarsi nei quadri che la band ha dipinto con le note.
Andiamo a commentare track by track:
“Archè”, anche prima singolo, riporta all’antichità, alla semplicità, all’origine, con un ritmo fluido che scorre attraverso gli arpeggi della chitarra e le atmosfere del piano nonché dal suono delicato del clarinetto, che, nelle note più basse prima e in quelle più alte poi, è un arricchimento sonoro notevole.
“Keep your feet on the stars, Pt 1” e “Keep your feet on the stars, Pt 2” creano un percorso sognante, già incitato dal titolo che parte con un ritmo su cui le due chitarre si divertono a incrociare le proprie voci fino a quando una delle due si fa sottofondo con wah wah (nella prima parte) mentre la seconda parte si sviluppa in modo più elettrico e anche la batteria si apre; gli intrecci delle chitarre, con suoni diversi, creano un effetto sonoro di brillantezza, che rievoca le stelle del titolo.
“Silent days” porta a guardare dentro se stessi, in quei silenzi che ora più che mai sono presenti in ognuno di noi, musicalmente il brano scorre veloce, si ascolta un arpeggio in sottofondo mentre l’altra chitarra canta e fluisce, assistita dalle soavi note del clarinetto.
“À l’improviste” segna un passaggio tra tutti brani ascoltati e quello che verrà dopo; un inizio di chitarra acustica in assolo, poi raggiunta dall’altra chitarra; il ritmo poi si amplia e cresce, cambiando di tempo e di accenti.
“Riyad” è un brano diverso da tutti gli altri per i refrain che da subito incedono e continuano e sui quali si sviluppano le evoluzioni del tema e del ritmo.
Un disco molto bello che può essere mandato in loop senza mai stancare.
Roberta
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