AL TEATRO INDIA DI ROMA SI SALE AL “SETTIMO CIELO”
In scena presso il Teatro India di Roma dal 19 al 31 Marzo, “Settimo Cielo” è uno spettacolo di Caryl Churchill, diretto in questa edizione italiana da Giorgina Pi e interpretato dai bravissimi Michele Baronio, Marco Cavalcoli, Sylvia De Fanti, Tania Garribba, Aurora Peres, Xhulio Petushi e Marco Spiga. Nell’arco delle 2 ore del lavoro, si assiste a una proposta ottimamente allestita e incarnata magnificamente da attori precisi, che cavalcano, con molto successo, per tutto il tempo, il sottile crinale che separa la realtà dagli stereotipi. A tale risultato si giunge anche grazie a una regia sì coraggiosa ma mai pretenziosa che riesce a srotolare, apparentemente senza difficoltà, una drammaturgia allo stesso tempo complessa e magnetica.
Dall’Africa del diciannovesimo secolo alla Londra del 1979, esattamente un secolo dopo le vicende ambientate nel continente nero durante una lunga occupazione coloniale britannica, ci si appassiona alla evoluzione delle vite di personaggi coinvolti in intrecci amorosi degni dei migliori feuilleton e, come in tutte le storie che si rispettino, in perenne lotta tra le situazioni vissute e quelle che invece si vorrebbero vivere. I cento anni di distanza tra i due quadri che compongono lo spettacolo sono solo apparenti, tanto da ritrovare, nel secondo, cresciuti e invecchiati, ma non di un secolo, molti dei personaggi che si barcamenavano, tra scoperte dei propri desideri e delusioni del proprio presente, nel primo. Tra proposte musicali tipiche della scena inglese, riferimenti a combattimenti e battaglie più o meno recenti, dagli scontri di Belfast del secolo passato a quelli figli delle politiche espansioniste del 1800, rivoluzioni sessuali e primi tentativi di emancipazione femminile attraverso la pratica del divorzio, il tutto procede in un ritmo compassato a volte difficile da sostenere, ma con un’intensità che compensa questa calma di superficie. La vita deflagra senza botti in questa drammaturgia, in questo spettacolo, in questo teatro così lontano nel tempo e nello spazio ma in realtà così vicino ai giorni nostri, al nostro orizzonte geografico e culturale.
Come società, noi combattiamo ancora oggi, a distanza di 40 e 140 anni dal secondo e primo quadro rispettivamente, senza peraltro averle risolte, “problematiche” che questi personaggi hanno provato a oltrepassare dopo averle coraggiosamente affrontate. Il testo è sempre irrealmente attuale. Forse questa per noi tutti, cittadini, è una enorme sconfitta.
Giuseppe Menzo