A SPOLETO EDOARDO ALBINATI CON I SUOI “ORTI DI GUERRA”
Dopo David Riondino, alla serata speciale targata Libro d’Ingresso, lunedì 12 novembre alla Sala Pegasus, incontriamo Edoardo Albinati. Accompagnato dalle musiche di Fabrizio De Rossi Re l’insegnante al carcere di Rebibbia, testimone diretto del conflitto in Afghanistan, lo scrittore Edoardo Albinati premio strega nel 2016 ottenuto con la Scuola Cattolica, propone alcune letture del suo libro “Orti di Guerra” (Bur 2017, pp. 208, euro 11).
A cavallo della seconda guerra mondiale si chiamavano orti di guerra, orti di necessità che molte persone si coltivavano durante la guerra e nel dopoguerra a causa della crisi alimentare. Un modo per portare in famiglia qualcosa da mangiare. Oggi che la guerra non ce l’abbiamo in casa e i cibi industriali abbondano sulle tavole di tutti, gli orti di guerra di Albinati, rappresentano brevi racconti necessari per nutrire l’anima e dare speranza per il futuro. E così questa lettura di appunti letterari, di aneddoti, di canzoni e massime filosofiche, si presenta come un’economia di sopravvivenza in un’epoca di inaridimento morale e culturale. La storia dei tre egiziani che mangiano i pesci rossi della fontana del comune di Milano, la canzone dell’ immigrato, la pubblicità sugli aerei da bombardamento, il samurai prossimo al suicidio pieno di rimorso perché aveva ucciso il gatto, colpevole di avergli mangiato tutti i pesci pescati, appaiono dei pezzi deliranti, le cui parole brillano come coltelli.
Lo scrittore ci fa anche conoscere la leggenda del Dio Eschu, africano che attraversò il villaggio indossando un cappello per metà nero e metà rosso, gettando la discordia tra coloro che sostenevano di aver visto uno straniero con un cappello nero e quelli che invece ritenevano cappello fosse rosso, educandoci alla relatività della percezione. Non mancano nemmeno racconti sulla folle quotidianità del traffico cittadino che termina in rissa con tanto di multa, sulle amicizie che finiscono, sul cambiamento del corpo, sul senso di vergogna adolescenziale, velati di ironica e struggente tenerezza che testimoniano un’amara presa di coscienza sulla natura umana. La calma, l’ardore, la malinconia e la curiosità che trasmette Albinati ai suoi spettatori con queste letture, fa apparire il presente meno doloroso e il futuro meno incerto.
Michela Bruschini