Il “Manuale di Volo per Uomo” di Simone Cristicchi alla Sala Umberto

Una scatola bianca, la mente. Vi si entra da un’apertura più piccola di una normale porta che permette, in qualche modo, di vedervi dentro, di viverci. In un mondo nuovo, perfetto, dove si contano le lettere alle parole e disegnato a pennello, in una scena bianca, essenziale: una sedia, un letto, un lampadario e un comodino.
Simone Cristicchi nel suo “Manuale di Volo per Uomo”, scritto con Gabriele Ortenzi, con la collaborazione di Nicola Brunialti e diretto da Antonio Calenda – in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 20 aprile – è spontaneo nel suo linguaggio romano che dà, a tutto lo spettacolo, una sorta di identità, di legame radicato nella sua città e nelle sue origini. È un monologo che si svolge con Raffaello, la sua solitudine e la presenza continua di altri personaggi immaginati, che si realizzano nelle nostre menti per raccontare il passato e il presente, attraverso un giro d’auto per la capitale, con la voce fuori campo Maia Monzani e le musiche originali di Gabriele Ortenzi.
Cristicchi, con ilarità e tenerezza, ci racconta una sofferenza interiore, una malattia, che trova la sua via d’uscita grazie all’arte, alla realizzazione del mondo al di fuori di sé. La figura materna – ricordata e un po’ inventata – resta sospesa in un limbo che da bianco diventa blu, fino a un ritorno, a un lasciare andare, a un volare, come nella bellezza di uno Chagall. Una rinascita per rientrare al mondo, una serena riappacificazione con se stessi che porta a una domanda di cui – forse – la risposta è non avere la necessità di porsela. Cos’è la felicità? Il finale è una sorpresa di piccole cose, accomunate da poesia e bellezza.
Marianna Zito
Foto di Massimo Battista