“Ultra Sonno”: la storia onirica e frammentata di Armando Genco
“Sono figlio di tre madri. Ansia, paura, angoscia.”
Un viaggio che parte dalla depressione e dalle medicine per curarla. E dalla tristezza di non riuscire a scrivere. E dalla morte come soluzione salvifica. E da “un bisogno nel sogno”. Un sogno che cuce la bocca e stacca le unghie: andare oltre è l’unica soluzione. Ma in che modo?
“E mi accartoccio su me stesso”
Armando Genco con “Ultra Sonno” (Pié di Mosca Edizioni, pp. 208, euro 19) ci racconta la paura, quella paura che porta all’autodistruzione. E lo fa con illustrazioni contorte e apparentemente confuse, dove le imprecisioni e i vuoti sembra siano dovuti alle movenze e alla mano disordinata del disegnatore, ma la realtà è che, al loro interno, sono colmate dall’emotività del tratto e dalle svariate sensazioni causate dalle situazioni reali che Genco vuole trasmettere. Le linee – a tratti rigide e a tratti molto affusolate – creano uno stacco visivo, che cattura il lettore e lo esortano a osservare ogni minimo dettaglio nascosto tra le pagine. E i dettagli sono tanti, quasi degli indizi a ricostruire altre storie, altre vite.
Le inchiostrazioni – ora piene ora tratteggiate – confluiscono differenti interpretazioni del tratto rendendolo ulteriormente “emotivamente” interpretabile. In alcune illustrazioni le campiture di colore piene e uniformi fungono da guida nel disegno o comunque rappresentano una sorta di “appiglio positivo”. Altre tavole con messaggi più cupi non presentano alcuna traccia né di colore né di grigi, trasmettendo una sensazione “asettica” o che si è consumata nella solitudine. Invece, altre si trovano nel mezzo permettendo una doppia lettura dell’immagine o si sovrappongono a pagine di un diario, con ricordi da imprimere nella memoria, disorientando il lettore da una lettura unica, ma trasportandolo nel percorso onirico e burrascoso della mente umana.
Marianna Zito
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