“Personal” è il nuovo disco del cantautore e chitarrista Dr. Gimmy
Il 15 aprile è uscito “Personal”, il nuovo album di Dr. Gimmy, all’anagrafe Gianmarco Pirro, cantautore e chitarrista milanese. Scritto e composto interamente dall’artista, questo nuovo lavoro discografico è stato registrato al Casa Mia studio tra febbraio e marzo 2020, tranne “Un’occasione in più” registrato, mixato, prodotto e arrangiato presso PSR Studio di Peveragno (CN).
Un disco melodico e lineare che scorre amabilmente tra le storie e le emozioni di Dr. Jimmy, dentro le sue esperienze, che hanno portato al titolo “Personal”. I tredici brani portano con sé momenti intimi e altri più scanzonati, estremamente sinceri, con la voglia di condividere e di portare alla luce dei ricordi di vita indelebili. Il filo che collega ogni brano è l’amore per la musica, che si esprime appieno già nella copertina a opera di Giusy Amaro. A livello musicale non manca mai la soavità melodica che ha preso ispirazione dal brit pop, grande passione di Dr. Gimmy. L’aver registrato quasi tutto il disco in casa dona al suono quell’accezione che rende l’intero ascolto ancora più raccolto.
Andiamo brano per brano.
“La mia generazione” è una ballata in cui l’artista si scusa per le problematiche della sua generazione, occupata per lo più a pensare solo al proprio benessere: “la mia generazione non ha capito che per non fare mancar niente ha messo la speranza e il futuro dietro a sé”.
“Un’occasione in più” è un brano intenso che incita a seguire sempre la propria strada, ad ogni costo “se figlio delle tue scelte, sei la vita che hai voluto tu, falla crescere dentro te”.
“Chernobyl 86” introduce in un’atmosfera cupa, in linea con il tema del titolo, con delle emozionanti chitarre; il testo parla della tragedia occorsa nel 1986, con il focus sulla storia vera di un contadino del Kazakistan con cinque figli: “veri eroi senza una maschera, veri eroi pieni di dignità, una casa ancora non ce l’ho, chi doveva non si ricordò”.
“Il cuore batte” è un monologo diretto a un dottore, il problema è il cuore che attraversa la vita a volte con fatica, anche se è necessaria per vivere pienamente le emozioni: “il cuore batte, la mia strada salirà, farò fatica, sarà dura, ma riuscirò”.
“Dustin” e un brano che inizia acustico con la sola chitarra e voce, a cui si uniscono poi le percussioni; il testo che parla di una storia vera, quella di un ragazzino straniero che sogna di giocare a boxe, ma che prima deve riuscire a sopravvivere al periglioso viaggio, insieme alla madre e al fratello, che lo porterà in un’altro Paese: “ci hanno salvato sì, ma senza segni di vittoria”. Verso la fine del brano il testo non è più cantato, ma recitato, con grande pathos sul tema dell’immigrazione.
“Sognare per vivere, vivere per sognare” è una ballad che inizia pianoforte e voce e che parla di sogni, che nascono fin da bambini e per i quali si fa di tutto per “farli splendere”, sfidando anche la sorte e la paura di non farcela: “no, non rinuncerò, salirò, partirò, no, non mi fermerò, sognerò, poi vivrò”; a conclusione del brano l’emozionante assolo di chitarra, che avviene dopo il ritornello in cui la voce emerge più forte e decisa.
“Il manichino stupido” immerge in uno stile swing per ironizzare su una storia che riguarda un personaggio politico, che non viene menzionato, ma con allusioni ben chiare: “passano gli anni e tu fai danni insieme a che con te rubò, giochi da sempre con la gente, con le paure e con la realtà”.
“Abbiamo perso un Pelé” parte deciso e con impronta rock fin dal riff iniziale di chitarra; il testo si riferisce a ricordi d’infanzia risalenti ai mondiali di calcio del 1970, in cui l’Italia andò in finale con il Brasile di Pelé, che vinse: “vincere sempre non si può, ma l’ultima azione la farò scavando nei ricordi, bambini in un cortile giocavano a pallone il giorno che non finiva più”.
“Una canzone” si impreziosisce con il flauto, una ballata che ha il sapore del sogno che si realizza, quello che descrive il processo creativo che porta alla composizione di una canzone, ma anche il percorso che porta un rapporto tra padre e figlia a crescere e consolidarsi: “lei, una donna libera, lei, forte, ma dolcissima, prendila, ascoltala, prendila per mano e crescila”.
“Amico mio” ha un bel ritmo e un cantato ruvido e coinvolgente; il testo parla di un amico e della sua vita, vissuta senza mai arrendersi o fermarsi davanti agli ostacoli: “amico mio, siediti, bevi un bicchiere e riposati, amico mio, non c’è mai un perché, prendi la vita come piace a te”.
“La mia America” è una ballata acustica che celebra la musica nella sua pienezza e potenza, che segna il cammino di molte persone diventando un dono prezioso: “ho imparato da solo, sulla mia pelle che quando cadi distrutto e ti tolgono tutto tu ti devi rialzare, tu non mollerai mai, corri incontro al tuo sogno, metti il cuore e le ali e volerai”.
“Un amore malato” parla, come dice il titolo, di un sentimento molto forte, ma ossessivo, che per questo non porta da nessuna parte: “ora canteremo soli “Hello goodbye”, la tua voce che risuona sui miei guai”.
“Anche John gridava aiuto” conclude il disco, una ballata acustica profonda, che esorta a prendersi cura di sé prendendo ad esempio John Lennon, che scrisse “Help” proprio come richiesta di aiuto a causa della depressione: “chi non soffre non sa niente, non conosce la realtà, tieni stretta la tua vita, prima o poi ti ringrazierà”.
Roberta Usardi
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