Peligro: dieci anni di carriera musicale, lo sfogo di “Parole al vento” e l’equilibrio che unisce rap e pop – L’intervista
Quante volte veniamo attratti da parole che poi non trovano riscontro nei fatti? Ne parla in modo approfondito il rapper e cantautore Peligro, all’anagrafe Andrea Mietta, nel suo ultimo singolo “Parole al vento” (Maqueta Records / Artist First), scritto dall’artista stesso e composto da Marco Zangirolami. L’artista, classe ‘92, ha esordito nel 2011 con l’album “Scontento” a cui sono seguiti altri tre dischi (“Musica dannata”, “Tutto cambia” e “Mietta sono io”) e tre EP (“EP-Centro”, “Assoluto” e “Respiro”). Abbiamo scambiato due chiacchiere con Peligro per saperne di più sul nuovo singolo e non solo.
“Parole al vento” è il tuo ultimo singolo, che assomiglia a una protesta: il testo dice“mille parole, sento sempre lo stesso messaggio”, quando hai avuto l’idea per scriverla?
Inizio col dirti che sono stato definito, in maniera anche abbastanza coerente per certi versi, il rapper dei buoni sentimenti. “Parole al vento” è un modo per dire che anche i bravi ragazzi nel loro piccolo si incazzano. È più uno sfogo che una protesta. Nelle conversazioni tra le persone, sui social e in tv, ho notato che quando vengono esposte due opinioni che non coincidono spesso diventano causa di scontro, senza la voglia di approfondire. Questo si manifesta in due modi diversi nella canzone: da un lato ci sono le persone che urlano le proprie opinioni, e dall’altra quelle che, in maniera totalmente acritica, seguono come greggi di pecore le opinioni di chi si erge sul piedistallo. La soluzione che mi viene in mente è imparare ad ascoltarci, ma dietro al brano non c’è un messaggio edificante.
Quando l’hai composta?
Ho composto “Parole al vento” prima del 2020. Da un lato ne sono contento, dall’altro sono sorpreso di quanto sia attuale, ancora di più durante l’ultimo anno.
Come descriveresti il videoclip di “Parole al vento”?
Quello che volevo esprimere era arrivare dritto al punto. Nel videoclip il contrasto tra gli scenari urbani a Milano e quelli naturalistici del comasco è bello visivamente, ma la mia intenzione era il senso di urgenza: volevo che fosse il più diretto possibile, non ci sono metafore narrative o allegorie, solo io che canto. Volevo che arrivasse proprio questo.
“Parole al vento” anticipa altri singoli o stai lavorando a un nuovo disco?
A questo brano ne seguiranno altri, sono ancora nella fase creativa. Sto tentando di capire il modo giusto, compatibilmente con questo periodo, per dare una forma complessiva al tutto.
Stai riscontrando differenze nel tuo modo di scrivere tra il tuo esordio e il tuo ultimo EP “Respiro” uscito l’anno scorso?
In ogni progetto cerco di aggiungere qualcosa che non ho fatto in precedenza. Per i brani su cui sto lavorando adesso sto cercando di dare un’identità e di reinventare il mio modo di interpretare la forma canzone e la canzone in sé. Sto dando molto più spazio alla melodia rispetto al passato, è un processo di trasformazione: già in “Mietta sono io” c’è più melodia rispetto ai lavori precedenti. Sto cercando un equilibrio tra il rap, il mondo da cui provengo, e il pop, il mondo a cui mi sto affacciando. L’evoluzione c’è in questo senso: sto cercando degli stimoli e degli spunti di crescita nell’approcciarmi alla scrittura delle melodie, questa è la differenza principale. È un processo, qualcosa che cambia col tempo, di disco in disco, e sono sicuro che continuerà a cambiare.
Tornando agli esordi, quando nel 2011 hai pubblicato “Scontento” sei stato notato da Hernan Brando, come è avvenuto il vostro incontro? Chi era Andrea Mietta prima di diventare Peligro?
Ero in giro a fare free style con i miei amici, come tutti i ragazzini, è stata una pura coincidenza che di lì passasse Hernan. Si è fermato un po’, ci siamo presentati, abbiamo parlato e deciso di lavorare insieme. È stata una sliding door e da lì non abbiamo mai smesso di fare musica insieme, anche se ho lavorato anche con altri, come Marco Zangirolami. Hernan è una presenza costante nella mia musica, anche quando non lavoro con lui, è tra le prime persone a cui faccio ascoltare le mie cose perché il suo parere e i suoi consigli sono imprescindibili nel mio percorso. Quando ascolto Hernan parlare di musica imparo sempre qualcosa.
Da dove viene il nome d’arte Peligro, che vuol dire “pericolo” in spagnolo?
Me l’ha dato Hernan, prima avevo un altro nome. Una mattina Hernan mi ha telefonato dicendomi di aver sognato che mi sarei chiamato Peligro e ci siamo messi a ridere. Poi a mente fredda ci abbiamo pensato e alla fine mi è rimasto, anche se la mia musica non è pericolosa. Un nome è un nome, e Peligro è quello che sono e sono molto contento di esserlo.
Quale tipo di musica ascolti? Hai sempre ascoltato rap?
Ho sempre ascoltato tantissimo rap, soprattutto quando cominciavano a girare Fabri Fibra e Mondo Marcio, nel 2005/2006. In quel periodo stavo entrando nella fase adolescenziale e da lì è stata una cascata, avevo fame di musica e fortunatamente sono usciti tanti album che oggi sono diventati dei classici. Più recentemente ho iniziato ad ascoltare altro, ma sempre verso l’urban e il pop, mi piacciono le grandi produzioni che hanno qualcosa da dire e in cui c’è da imparare qualcosa: Justin Timberlake, The Weeknd, Lady Gaga, Ariana Grande, Dua Lipa.
Ti piacerebbe collaborare con qualche particolare artista?
Assolutamente sì, il mio sogno nel cassetto è con Sia, un’artista che fa diventare oro qualsiasi cosa tocca. Parlando di collaborazioni più verosimili, ci sono tanti artisti con sound interessanti, ci vuole il pezzo giusto nel posto giusto al momento giusto, ma prima bisogna verificare se ci sono le condizioni.
Come vedi la situazione musicale del 2021, in cui per ora si può fare ben poco dal vivo?
La situazione è complicata per tante figure professionali oltre agli artisti. È evidente che non si possa stare senza musica, il 2020 ha visto comunque uscire dischi importanti di artisti di rilievo, la musica è stata “costretta” ad andare avanti dal punto di vista discografico. Secondo me il 2021 proseguirà su quest’onda, magari la musica dal vivo riuscirà a tornare in estate. I concerti in streaming sono una cosa bella e importante che ha dato un po’ di respiro a determinate realtà, non possono sostituire i concerti dal vivo, ma possono integrarli. Ho visto dei concerti in streaming spettacolari: i Gorillaz e Billie Eilish.
Tu farai qualcosa in streaming?
Sicuramente, ma devo ancora capire come. Ho il mio studio e ho possibilità di fare un concerto in streaming in casa, ma non tutti possono farlo.
Vuoi aggiungere qualcosa?
Auguro che nel 2021 ci sia più musica possibile.
Roberta Usardi
Fotografia di Veronica Argentiero
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