Mare Loro: un mare che è Nostro, Loro, di Tutti
Francesca Romana Mormile con “Mare Loro” (Nutrimenti, Collana Greenwich, pp. 271, euro 16) è alla sua terza pubblicazione. Il titolo ci rimanda a un tema che tutti più o meno conosciamo, a sofferenze che abbiamo indirettamente vissuto tramite televisione o giornali. Ma il modo in cui Mormile ci racconta una storia nota, è nuovo.
Partiamo da un condominio di Roma Nord, la Roma che di bene ha solo la nomea perché alla fine è una zona come un’altra, dove si intrecciano storie, si abbattono eventi e cambiamenti come in qualunque altra parte della città, del mondo.
“Nel condominio di Roma Nord l’esistenza era entrata in maniera sovversiva, lasciando impronte dovunque, persino sulla guida che Babu si ostinava a pulire ogni mattina. Una bora vitale soffiava nella tromba delle scale, scivolava sul corrimano come il culo di certi ragazzini che se lo fanno a tutta birra e bussava alle porte, quando non irrompeva senza chiedere il permesso.”
L’avvocato Bentivoglio comincia a essere un po’ stufa delle scartoffie, dei tacchi, dell’ordine asettico del proprio attico, di coppie che si tradiscono e si fanno la guerra sempre allo stesso modo, spesso usando i figli come merce di ricatto. Il suo desiderio all’inizio inconscio di cambiamento si incontra con l’opportunità che gli offre l’amico/ex fidanzato/eterno innamorato Sciacca: occuparsi dei minori non accompagnati. Quei minori che sbarcano a Lampedusa, soprattutto, che sono partiti soli o sono arrivati soli perché il viaggio attraverso il Mare Nostrum ha portato via loro pezzi di vita. Il suo desiderio ormai sempre più conscio di cambiamento si incontra con Ida. E poi con la signorina Serra, con la Benatti, con la vedova del terzo piano, col cane. Il cambiamento ingloba tutti, come l’onda di uno tsunami impossibile da prevedere, da arginare, da sapere cosa resterà dopo e in che forma. Certamente nuova, in un mare tanto concreto quanto metaforico, e che è di tutti quelli che lo attraversano, chi per una ragione chi per un’altra. Per l’avvocato Bentivoglio, la forma nuova è quella di Anbessa e di Nica, delle storie che si portano addosso e di quelle che potranno scrivere.
Quella che ci racconta l’autrice è una storia che si prende il suo tempo per nascere ed evolvere, per tracciare i contesti, le persone, gli spazi. Soprattutto è una storia concreta, che non si sofferma sui facili drammi, ma li ingloba nel quotidiano. Il romanzo è quasi un inno al flusso normale delle cose, all’integrazione nel suo senso più vero: cosa succede dopo? Dopo che si attraversa il Mare Nostrum, che passi si fanno? Con chi? Quale diventa la normalità? La possibilità? Francesca Romana Mormile ci dice della bellezza di annullare tutti i gradi di separazione, quelli verso di noi e verso gli altri.
“Nica nica aveva già capito che le parole sono insufficienti come gli uomini che le hanno inventate, che non è vero che i maiali sono maiali, che il Mare è solo Nostrum, che di mamma ce n’è una sola e nemmeno che sempre certa est. Se ne dicono tante di parole e alcune, anche in latino, sono di una banalità imbarazzante”.
Laura Franchi