“LA LOCANDIERA” AL TEATRO NUOVO DI VERONA
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“Let your mind go, let yourself be free”
(lascia andare la mente, liberati)
Freedom, Aretha Franklin
Probabilmente, al riformatore del teatro italiano, Carlo Goldoni, l’interpretazione di Mirandolina di Amanda Sandrelli – al Teatro Nuovo di Verona fino al 25 novembre – in una chiave quasi insicura e leggera, a tratti zoppicante, non sarebbe dispiaciuta: proprio perchè il teatro ha il dovere e il diritto di rendere eguali tutti gli uomini, servi e sovrani, ognuno con la propria voce sul palcoscenico, ciascuno con il proprio carattere di attore e poi come personaggio. “La Locandiera” è stata scritta nel 1753 e la commedia è un intreccio rocambolesco contro la misoginia, è il trionfo dell’eros e dell’inganno femminile, è un applauso alle donne normali, perseguitate dal prepotente maschilismo e avvezze a divenire protagoniste nella vita reale e sul palco.
Mirandolina è una donna che recita nella vita lavorativa quotidiana e la malizia le è necessaria per la locanda e per un vezzo personale di voler provare a far innamorare gli uomini. Infatti, il Marchese di Forlipopoli, Andrea Costagli, e il Conte d’Albafiorita, Dimitri Frosali, sono formidabili prigionieri della sua seduzione e se la contendono, sempre sconfitti. Ma è il Cavaliere di Ripafratta, Alex Cendron, il perno misogino su cui ruota la commedia e su cui arriverà, dritta e cruda, la freccia velenosa della locandiera. L’altro bravissimo interprete maschile è Massimo Salvianti, il cameriere Fabrizio, testimone geloso degli intrecci amorosi. È una nobiltà che non ha più nulla di nobile, non hanno fini nè interessi, è un ceto vuoto che sta per essere sostituito. Le altre due donne della commedia, Ortensia, Lucia Socci, e Deianira, Giuliana Colzi, alla quale si devono anche gli ottimi costumi, sono attrici che, arrivando alla locanda, fingono aristocrazia che non possiedono. È la stessa proprietaria che le invita, con solidarietà femminile, a mostrarsi per quelle che esse sono, posando dunque ogni artificio e ogni maschera.
Da una parte c’è Amanda Sandrelli, la classe lavoratrice, che non vuole essere disprezzata in quanto locandiera ma soprattutto in quanto donna: l’attrice è molto brava a cambiare repentinamente sentimenti ed emozioni anche se la sua evidente delicatezza va a cozzare con un personaggio così popolare. La Sandrelli è una donna eterea, molto sensibile, una ideale dolcissima fatina di Pinocchio, o un personaggio di Tim Burton. Mirandolina sembra essere distante da lei, anche se il suo impegno e il lavoro fatto per creare questo tipo di personaggio arrivano sicuramente al pubblico. La Socci e la Colzi sono due uragani di voce e di colore, portano direttamente a quelle grandi e improbabili feste settecentesche di balli, cibo e perdizione.
L’adattamento della commedia è di Francesco Niccolini, l’interessante regia è del direttore artistico del Teatro Stabile di Verona, Paolo Valerio e dello stesso Niccolini. Lo spettacolo nel complesso è sicuramente godibile, gli attori mantengono un ritmo serrato e incalzante per tutto l’atto unico, sono attivi nella scena scarna, essenziale e pulita e poi si ritirano, visibili, ai lati del palco, divenendo essi stessi spettatori ma rimanendo sempre attori. C’è un gioco recitativo nella vita reale o la vita reale viene quasi sempre recitata? Mirandolina–Sandrelli è vittima (di se stessa) o carnefice (di se stessa)?
Alla chiusura applaudita dello spettacolo, Amy Winehouse canta Back to Black: :
We only said goodbye with words
I died a hundred times (…)
I go back to black…
Ci siamo detti addio solo con le parole
Sono morta un centinaio di volte(…)
Ritorno al nero…
E allora eccola, quella malinconia delle donne, apparire sul volto dell’attrice, che si rivela nella sua essenza proprio in quell’istante. Alla fine la Sandrelli è cambiata durante la messinscena finta e reale, è diventata davvero Mirandolina, non più donna del ‘700, ma una femminilità contemporanea, che ha attraversato generazioni e lotte e rivoluzioni e ora è carnefice per non essere più vittima ma è anche vittima, arresa in un labirinto relazionale. Spogliata del crudele e riuscito tentativo di punire gli uomini, ritorna alla sua vita semplice, necessaria ma di un colore solo, black black black black…
Silvia Paganini